L’aumento del numero di gare nei Paesi Arabi sta facendo storcere il naso a molti tifosi e protagonisti della F1, ma il CEO difende la scelta.
Fra poche ore il Circus debutterà a Losail e fra due settimane si trasferirà a Gedda prima del gran finale ad Abu Dhabi. Un tour del Medio Oriente che non sembra aver conquistato molti cuori. Al di là dello scarso interesse verso le corse in circuito di quelle aree, a creare perplessità è soprattutto lo scarso rispetto dei diritti umani, in particolare quelli delle donne, identificate come un oggetto di proprietà degli uomini della società.
Un problema, questo, che non sta preoccupando il patron Stefano Domenicali, convinto che nello spazio di qualche anno tutte le spigolosità si saranno appianate.
“Andare in queste nazioni è la cosa giusta da fare”, ha affermato alla BBC. “Credo che i riflettori che stiamo portando possano essere utili per la loro volontà di cambiamento. Ciò non significa che tutto sia perfetto, ma di sicuro quello che stiamo facendo è in positivo”.
La classe regina sorda alle richieste ambientaliste?
L’emittente britannica è poi passata ad un altro argomento che lega l’Arabia alla massima serie a ruote scoperte, ovvero quello della sponsorizzazione da parte dell’Aramco, la più grande compagnia petrolifera della zona. Stando a quanto sostenuto dall’ex manager Ferrari e Lamborghini, tutto sarebbe fatto l’ottica della sostenibilità e non della propaganda di sistemi inquinanti di alimentazione dei veicoli.
“Abbiamo ripetuto spesso, in qualità di sport, che non crediamo nell’elettrificazione completa quale unica risposta al tema”, ha replicato. “Dal nostro punto di vista il carburante ecologico è l’ideale, in quanto la trasformazione di tutti i mezzi in full electric non può avvenire nel breve termine. Con il nostro nuovo partner stiamo lavorando duramente per trovare la miglior soluzione tecnica nel minor tempo possibile”, ha chiosato confermando il percorso ormai intrapreso.
Chiara Rainis