Con Williams se n’è andato un pezzo importante della F1. Ecclestone ricorda il suo amore per lo sport. Patrese per la lingua italiana.
Domenica scorsa ci ha lasciato uno degli ultimi baluardi di un Circus romantico e appassionato. Perché senz’altro Frank Williams è stato questo. Un innamorato pazzo delle corse e dei motori, senza se e senza ma. Lo sa bene Bernie Ecclestone, come lui un leone del vecchio automobilismo. Quello che non tornerà mai.
“E’ stato il lottatore più forte che abbia mai visto”, ha dichiarato l’ex Supremo. “Amava la F1 più di qualsiasi altra cosa al mondo. La anteponeva a tutto. Più volte è finito in bancarotta e il destino è stato spesso beffardo con lui”. Tante difficoltà che però non lo hanno mai portato a desistere. Anzi il contrario. Anche quando l’incidente stradale del 1986 lo ha costretto in sedia a rotelle, non ha mollato. “Ha dato prova ai dottori che si possono compiere miracoli, se si possiede una volontà di ferro”, ha aggiunto il 91enne esprimendo l’augurio per sé stesso di “lasciare il mondo nella medesima maniera”.
L’affetto per l’Italia
Commosso anche il saluto al patron dell’omonima scuderia Riccardo Patrese che per il team di Grove corse dal 1987 al 1992, ottenendo quattro vittorie e 25 podi.
“Per me è stato un amico. I nostri rapporti sono sempre stati ottimi”, ha affermato il driver padovano a La Gazzetta dello Sport, ricordando come, da poliglotta quale era, Sir Frank, ci teneva a parlare con lui l’italiano. “Praticamente l’inglese era bandito”, ha svelato un dettaglio che rappresenta l’antitesi di ciò che avviene oggi.
“Era molto esigente”, ha quindi aggiunto a proposito del carattere fermo del dirigente. “Con lui e con il direttore tecnico Patrick Head c’era poco da scherzare, ma al tempo stesso era affabile. Pretendeva molto, però sapeva anche darti le soddisfazioni che meritavi”, ha chiosato sposando un pensiero condiviso, ovvero che la sua disabilità lo aveva rafforzato trasformandolo in uno sprone per tutti.
Chiara Rainis