Secondo Carlo Pernat, Valentino Rossi nel corso della sua carriera ha commesso un solo sbaglio che, tornando indietro, non rifarebbe
Carlo Pernat è una delle poche persone a poter affermare di avere seguito tutta, ma proprio l’intera carriera di Valentino Rossi da vicino.
Dagli inizi, quando fu il talent scout che lo scoprì e lo portò nel Motomondiale, oltre a diventarne il primo manager in assoluto, fino alla fine, quando ha continuato ad osservarlo attentamente dal paddock nel suo storico ruolo di procuratore di piloti.
Quando Pernat scoprì Valentino Rossi
Il veterano ligure ricorda bene tutto il percorso agonistico del Dottore, da quando lo conobbe per la prima volta e rimase subito attratto da quello che intravide come uno straordinario potenziale. “Sembrava un paggetto, un po’ come me, senza peli sulla lingua, la battuta pronta, anche un po’ rompico***oni, eh”, ricorda ai microfoni della Gazzetta dello Sport. “E poi in pista faceva traiettorie che mi fecero pensare che era un pazzo o un campione. Mi innamorai subito”.
Nel 1996 il debutto e la prima vittoria in classe 125, poi l’anno successivo il primo titolo iridato, quindi il passaggio alla quarto di litro. “Già nel ’98 avrebbe potuto vincere il Mondiale 250, ma l’anno dopo era un pilota completo”, prosegue Carletto. “E a quel punto l’avventura in 500 non lo spaventava per niente. Voleva la Honda, ci è andato e ci ha vinto”.
L’unico errore del Dottore
Tanti pregi, dalla velocità al coraggio, dalla grinta alla classe, dalla simpatia alla capacità di attirare le persone. Ma anche qualche difetto, come l’impulsività: “Vale è uno che, se trova dei lati che non gli piacciono, per un po’ ci sta ma quando è stufo chiude la porta definitivamente, anche se va contro di lui. A volte ha preso decisioni a seconda dell’umore del momento, non è mai stato un programmatore. Non dico che ha sempre vissuto alla giornata, ma a breve termine sì”.
E proprio questo suo spigolo caratteriale lo portò a commettere quello che Pernat individua come uno dei pochi errori commessi nella carriera dal fenomeno di Tavullia: le accuse pubbliche al suo rivale Marc Marquez che portarono all’esplosione di quel conflitto che poi gli costò il suo decimo iride.
Carlo è convinto che, con il senno di poi, il numero 46 si sarebbe comportato diversamente: “Guardate quella cavolata della conferenza in Malesia 2015 con Marquez. Se ci avesse pensato bene, non l’avrebbe fatta”.
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