Valentino Rossi tra passato e futuro in una delle sue ultime interviste rilasciate da pilota di MotoGP
Da quando ha annunciato al mondo di aver preso la decisione, al termine della stagione 2021, di appendere la tuta al chiodo, Valentino Rossi si è lasciato andare, con la stampa, riguardo ad aneddoti e ricordi di 26 anni di carriera scolpiti nelle menti di tutti gli appassionati. Non è stato da meno con l’intervista rilasciata a Motorcycle News.
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Uno dei momenti più significativi dell’intervista riguarda la domanda su quali stagioni metterebbe sul podio delle migliori della sua vita agonistica: “Il 2001, perché era l’ultimo mondiale della 500 ed è stata una battaglia alla morte con Biaggi: bellissimo. Poi il 2004, che è cominciato con la mia vittoria al debutto con la Yamaha a Welkom, quello è stato il più bello. E poi anche il 2008, perché per molti ero già finito. Dicevano tutti che ero vecchio e che non avrei più vinto, invece sono passato a Bridgestone e ho battuto Casey Stoner. Tre piloti del passato con cui avrei corso? Mike Hailwood, Giacomo Agostini e Kevin Schwantz“.
La filosofia di Valentino Rossi: “Molti non la capiscono”
L’altro momento saliente è quando gli viene chiesto come mai abbia deciso di continuare a correre per così tanto tempo: “La mia filosofia è molto semplice ed è strano che molta gente non la capisca, ma so anche che spesso il mio modo di pensare è diverso rispetto a tanta altra gente. Mi piace come mi sento in moto, la sensazione dopo una bella gara, l’adrenalina della vittoria e di andare sul podio. Tutto questo mi piace da matti. So bene però che alla fine il tempo batte tutti, purtroppo è così per ognuno di noi, ma ho lottato per renderla il più difficile possibile al tempo, questo è tutto”.
“Ed è l’unico motivo per cui ho continuato a correre”, continua il numero 46. “Ho avuto una carriera lunghissima e fortunatamente ho vinto tante gare, molte delle quali indimenticabili, gioia pura. A volte me la ridevo anche dopo una settimana, dopo dieci giorni. Capitava che scoppiassi a ridere e la gente mi diceva: ‘Ma che succede?’ e io così: ‘Niente, sto ripensando alla gara’. Questo è quanto, finché mi sono divertito ho voluto correre”. L’idea del ritiro, spiega il Dottore, è arrivata due anni fa e poco tempo fa è avvenuto anche se il campione prova ancora sentimenti di tristezza al pensiero. Quasi sicuramente avrebbe corso per molto tempo ancora, perché dichiara di sentirsi per sempre un pilota.
Infine Vale ha spiegato quale secondo lui è il messaggio che lascia alle generazioni future e colossale differenza tra lui e gli altri piloti: “Ho dato sempre tutto per tutto il tempo per essere tra i migliori. In tanti non erano ancora nati quando ho cominciato a correre e a volte è davvero dura da capire per me, anche se mi rende molto orgoglioso. Non sta a me dire che sono come Michael Jordan, ma sento un grande affetto nei miei confronti. Se vado in Thailandia vedo il 46 sui motorini, è speciale. È diverso rispetto a quando avevo vent’anni, ai tempi la soffrivo: aveva un grande impatto sulla mia vita, adesso la vivo meglio. Comunque forse è questa la differenza tra me e gli altri piloti”.
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