Il talent scout della Red Bull Marko attacca la Mercedes per l’appello fatto alla FIA contro l’esito del mondiale 2021.
Una cosa è certa. Il GP di Abu Dhabi di domenica scorsa resterà per sempre materia di discussione per l’ingerenza della Federazione che prima ha lasciato correre alcuni episodi al limite, e poi invece, a pochi giri dalla fine, ha deciso di trasformarsi in ago della bilancia.
Seppur meritata per i traguardi raggiunti durante la stagione, la vittoria di Verstappen a Yas Marina e nel campionato non convincerà mai del tutto l’ampia platea, a partire dalla Mercedes stessa che, sentitasi defraudata da un ennesimo possibile record, non ha accettato il responso del tracciato facendo appello alla FIA.
Domenica sera, anziché dedicarsi ai soli festeggiamenti, la compagine austriaca si è dunque trovata a preparare documenti e dati da fornire ai commissari per giustificare il proprio ritorno in cima al mondo. Un frangente, questo, che ha fatto andare su tutte le furie Helmut Marko, critico nei confronti della Stella e del boss Toto Wolff in particolare, rei di mancare di sportività.
“Non mi importa cosa succederà. Noi saremo comunque i vincitori morali”, ha asserito il 78enne, aperto alla possibilità di vedersi sfilare l’iride dalle mani.
Pungente verso la scuderia appena battuta, l’ex driver di Graz ha dichiarato senza complimenti: “Fare ricorsi e proteste è tipico di chi non sa perdere. Ma d’altronde è andato così l’intero campionato”.
Effettivamente la campagna appena conclusa verrà ricordata come una delle più tese, con i dirigenti delle equipe in lotta per la coppa più prestigiosa a farsi dispetti a suon di carte bollate. Non un bell’esempio, né una bella figura nei confronti degli appassionati.
A ciò va aggiunta la presenza di troppe regole, poco chiare e soprattutto lasse, nonché applicate in maniera difforme.
“Tutto il sistema deve essere ripensato. Ci vuole coerenza. Le decisioni non possono essere interpretate una volta in un modo e una volta in un altro”, ha asserito il plenipotenziario del team di Milton Keynes.
Chiara Rainis
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