Il suo incidente ha consegnato il titolo di F1 nelle mani di Verstappen. Latifi rivela di aver ricevuto diverse minacce dal round finale di Yas Marina.
Un po’ come avvenuto nel 2008 a Timo Glock, reo, secondo alcuni, di essersi venduto alla McLaren per regalare il titolo ad Hamilton e negarlo all’allora ferrarista Massa nel volatone finale di Interlagos, così Nicholas Latifi è stato vittima degli “odiatori” seriali e ancor di più dei tifosi di Lewis che, successivamente al GP di Abu Dhabi, lo hanno accusato di aver architettato il botto contro le barriere a 5 tornate dalla conclusione per agevolare Max Verstappen.
A raccontarlo è stato lo stesso canadese che, per paura di leggere commenti offensivi nei propri confronti è stato lontano dai media fino a questo martedì quando ha deciso di pubblicare un lunghissimo post/sfogo.
“Ho ricevuto migliaia di messaggi sui miei account social, pubblicamente e in privato. Molti sono stati di supporto, altri contenevano parole d’odio”, si legge. “Sin da quando è terminata la corsa ho capito quanto sarebbe successo e il fatto che la cosa migliore sia stata cancellare Instagram e Twitter dal mio telefono la dice lunga su quanto crudele possa essere il popolo del web”.
Consapevole di essersi trovato in un ginepraio alquanto intricato, il driver Williams si è dunque “dato alla macchia”. “E’ bastato un incidente nel momento sbagliato per far esplodere la vicenda in maniera del tutto sproporzionata”, ha proseguito nella condivisione del proprio disappunto. “Sono rimasto scioccato da certa violenza. Ho persino ricevuto delle minacce di morte”.
Disinteressato a prestare il fianco alle dicerie, il 26enne di Montreal ha ribadito, una volta di più, la mancanza di volontarietà del crash, chiedendo venia al team per i danni fatti. “I ragazzi del mio box sono gli unici a cui devo domandare scusa”, ha chiosato condannando i critici.
Chiara Rainis
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