Uno dei piloti italiani più talentuosi della sua epoca Giunti, che in Argentina nel ’71 fu protagonista di un incidente che gli costò la vita.
Era il 10 gennaio del 1951 quando a Buenos Aires moriva dopo un incidente assurdo Ignazio Giunti, uno dei piloti italiani più talentuosi della sua epoca. Una tragedia che colpì il mondo dell’automobilismo nostrano e che ancora oggi si fa fatica a capire.
Il mondo delle auto, già in passato, non era propriamente per tutti. Il denaro poteva tutto o quasi. E Giunti, di nobile famiglia (i suoi genitori erano il barone Pietro Giunti e la contessa Maria Gabriella San Martino di Strambino), proprietaria tra l’altro di un albergo a Sangineto (CS), incominciò la sua carriera agonistica giovanissimo. Anche se di nascosto dai propri genitori.
Gli esordi avvennero prendendo parte ad alcune cronoscalate con una Alfa Romeo Giulietta TI presa a noleggio, per poi passare alle competizioni in circuito all’autodromo di Vallelunga, a due passi da Roma. Qui era un vero dominatore. Nessuno riusciva a interpretare il tracciato come lui, tanto che per le sue imprese, dopo la sua morte, gli fu dedicato anche un busto all’interno del tracciato. Riusciva a battere costantemente altri pezzi grossi dell’automobilismo italiano dell’epoca come Andrea De Adamich, Luigi Rinaldi, Teodoro Zeccoli, Roberto Bussinello e per questo divenne presto il “Reuccio di Vallelunga”.
Nel 1966 Giunti passò al campionato italiano di Formula 3 con un ingaggio del costruttore romano Gino De Sanctis e fece coppia per la prima volta con Nanni Galli ottenendo il terzo posto al Circuito del Mugello con la Giulia GTA. L’anno dopo vinse con la GTA il Campionato Europeo Turismo e il titolo di classe del Campionato europeo della montagna e nel ’68, con la 33/2, arrivò secondo alla Targa Florio e quarto alla 24 ore di Le Mans, vincitore di classe dopo aver anche condotto la gara. Due anni più tardi anche la vittoria alla 12 ore di Sebring, cosa che gli permise di arrivare in F1.
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Il debutto in F1 avvenne non in un tracciato normale ma a Spa-Francorchamps, dove Giunti, con una Ferrari 312B, finì incredibilmente quarto posto. Quello stesso anno corse altre 3 gare alternandosi allo svizzero Clay Regazzoni e guadagnandosi la riconferma per l’anno successivo nella squadra del “mondiale marche”, che con la nuova Ferrari 312 PB. E proprio nel 1971, ad inizio anno, arrivò la tragedia.
A Buenos Aires durante la 1000 km, gara di apertura del campionato, durante una fase di doppiaggio incontrò davanti a sè Jean-Pierre Beltoise, che spingeva a mano la sua Matra verso i box dopo aver esaurito il carburante. Il doppiato Mike Parkes su Ferrari 512 , che si trovò l’auto in piena traiettoria, riuscì ad evitarlo, Giunti, che gli era attaccato, non vide nulla: l’impatto fu terribile, le fiamme divamparono alla svelta e nonostante il tentativo del suo compagno di equipaggio Arturo Merzario, ai box in attesa di dargli il cambio, di salvarlo non ci fu nulla da fare. Giunti morì poco dopo in ospedale per le ustioni riportate.
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