Dopo la decisione di Suzuki di lasciare la classe regina, emergono alcuni inquietanti fatti che riguardano la casa giapponese.
Sono ormai passati diversi giorni da quando la Suzuki ha annunciato a sorpresa che a fine stagione abbandonerà la MotoGP. Una decisione che ha sconvolto il paddock e Dorna, che ha risposto con un duro comunicato in cui avvisa che una decisione del genere non può essere presa in maniera unilaterale dalla casa giapponese. Ad oggi ancora non è chiaro il motivo per cui ha preso questa decisione, anche se tutto porta alla delicata situazione finanziaria post-pandemia che ha colpito tutte le aziende mondiali, comprese quelle impegnate nel Motomondiale.
Altri possibili motivi dell’addio sono la crisi delle materie prime e gli effetti che la guerra in Ucraina sta già producendo sui bilanci delle grandi multinazionali. Suzuki è preoccupata fortemente per i propri conti, anche perché il marchio sta perdendo quote di mercato: basti pensare che nel 2012 ha venduto 2,5 milioni di moto e nel 2019 è stata costretta a fermarsi a 1,5 milioni di mezzi prodotti. E il Covid-19 ha aggravato ancor di più la situazione, anche se qualche segnale positivo è arrivato con l’aumento delle vendite in Pakistan e India, due grossi mercati asiatici.
Quello che fa discutere è il fatto che proprio ad inizio stagione la Suzuki aveva confermato il suo progetto in MotoGP, rinnovando l’accordo con Dorna per altre cinque stagioni e ingaggiando anche un nuovo team manager come Livio Suppo per ricreare un gruppo vincente come avuto fino al 2020 con Davide Brivio, che nel giro di alcuni anni ha portato la casa giapponese a vincere il titolo piloti con Joan Mir e quello dei team. Suppo che proprio nei giorni scorsi aveva confermato la volontà di confermare i propri piloti per la prossima stagione, aprendo anche a un futuro team satellite nella classe regina.
Ma emerge un particolare molto strano avvenuto qualche giorno prima dell’annuncio dell’addio alla MotoGP. Secondo la Reuters infatti il 27 aprile l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione in materia di giustizia penale (Eurojust) ha ordinato una perquisizione negli uffici di Suzuki in Germania per cercare documenti e informazioni relativi a un presunto caso “DieselGate“. Nel mirino sono finiti veicoli Suzuki prodotti e venduti all’interno dell’Unione Europea, in particolare i modelli SX4 S-Cross e Vitara assemblati nello stabilimento che Suzuki ha in Ungheria.
Una inchiesta che, tra l’altro, coinvolge anche il gruppo Stellantis (formato da PSA e Fiat), responsabile di aver fornito al marchio giapponese i motori diesel interessati, oltre al costruttore Marelli, che ha fornito a Stellantis anche alcuni dei pezzi utilizzati per il montaggio delle unità. In particolare, secondo chi indaga, sarebbero stati installati “dispositivi di emissione difettosi”, che hanno dato l’impressione che le emissioni dei veicoli fossero in linea con le normative dell’UE. Da Suzuki Japan, un portavoce ha assicurato che stanno “collaborando con le autorità inquirenti” per chiarire questo scandalo, mentre Stellantis afferma di aver richiesto documenti e informazioni a FCA Italia “sull’uso di software di controllo delle emissioni”.
Proprio l’uso di software o dispositivi modificati per ingannare il sistema delle emissioni dei veicoli a combustione sono stati al centro della nota vicenda che ha coinvolto il gruppo Volkswagen e che ha portato a sanzioni sia negli Usa che in Europa. Che sia la paura di una mega-multa come per il colosso tedesco che ha fatto decidere per un addio repentino alla MotoGP?
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