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Motomondiale

Come si accende una MotoGP? Ecco cosa è cambiato nel tempo

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Oscar Slaifer

Almeno 35 anni fa i piloti di quella che poi sarebbe diventata la MotoGP partivano correndo. Oggi invece accendere un prototipo è molto più semplice.

Guardando le gare della MotoGP, sono diverse le domande che spesso ci poniamo. Da quanta elettronica c’è in questi prototipi rispetto a una moto stradale, qual è la pressione delle gomme di queste bestie a due ruote piene di cavalli, se c’è un limite di decibel che possono raggiungere i rombi del motore di una MotoGP, così come è fatto un serbatoio di una moto del genere. Ma c’è n’è anche un’altra a cui possiamo rispondere: questi prototipo si avviano come una comune moto da strada? O c’è una procedura particolare?

La Ducati MotoGP di Pecco Bagnaia (ANSA)

Innanzitutto dobbiamo dire che i prototipi MotoGP, così come le loro sorelline delle categorie Moto2 o Moto3, non hanno lo starter, per motivi di risparmio di peso. Ma hanno una procedura del tutto particolare per avviarsi.

Così si accende una MotoGP

Nel corso della storia, la tecnologia si è evoluta e così è cambiato anche il modo di avviare il motore, per renderlo più efficiente non appena le luci si spengono per segnare l’inizio della gara. Almeno fino a quasi 35 anni fa, tutti i piloti dopo che si spegnavano i semafori erano costretti a spingere le loro moto fino all’accensione dei motori. E non era una manovra semplice da fare, vista l’adrenalina del pilota. Ma soprattutto era una procedura che aveva i suoi rischi, perché poteva capitare che qualcuno avesse difficoltà. E così le possibilità di uno scontro al via erano alte.

Come nel 1987, quando Tadahiko Taira durante il Gran Premio di Spagna 1986, sul circuito di Jarama, fu investito da un pilota alle sue spalle mentre lui cercava invano di accendere la sua moto. Da allora cambiò la procedura proprio per la sicurezza dei piloti. Una volta poi i piloti si schieravano in file più o meno popolate a seconda della larghezza del circuito. Negli anni ’70 iniziarono a formarsi le formazioni in file 5-4-5, e successivamente negli anni ’90 in file 4. E’ con l’avvento della MotoGP che lo spazio è diventato più ampio, con sole tre moto per ogni fila, per avere maggiore sicurezza.

Tornando all’avviamento di una MotoGP, dobbiamo dire che una delle prime evoluzioni si è avuta con i motori a due tempi. Per avviare un motore del genere bastava inserire la seconda marcia, afferrare la frizione e spingere, e quando è stata raggiunta una certa inerzia, un movimento coordinato di acceleratore e frizione – rilasciando la frizione e dando gas – il motore parte.

Con il ritorno dei motori a quattro tempi grazie all’arrivo della MotoGP, l’avviamento ora è più complicato, soprattutto sulle Moto3, dove è necessario che il pistone sia in una certa posizione all’interno del cilindro per una partenza perfetta. Poi nel tempo sono stati sperimentati altri sistemi, come piccoli motori ausiliari che azionavano la ruota posteriore, mentre un meccanico o il pilota stesso azionavano la frizione e l’acceleratore.

Oggi invece in Moto3 e Moto2 c’è una sorta di motore elettrico e il sistema di accensione è molto semplice: basta posizionare la ruota posteriore sul cuneo di questa sorta di cavalletto e premere un pulsante per avviare il dispositivo, mentre un meccanico o il pilota fanno lo stesso sulla moto. In MotoGP invece non esiste più. Qui infatti vengono adoperati degli avviatori elettrici che, tramite un albero che si collega direttamente all’albero motore, avviano il motore. Questo sistema è molto più efficace perché penalizza meno la frizione rispetto agli avviatori esterni.

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Oscar Slaifer

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