Un compleanno importante per uno dei miti del Motomondiale, Giacomo Agostini. Che ancora oggi è un esempio per tanti piloti.
Ancora oggi in MotoGP, se parli dei fantastici quattro vengono in mente Valentino Rossi, Jorge Lorenzo, Casey Stoner e Dani Pedrosa. In tanti sognano di rivederli in pista ancora, perché nell’immaginario collettivo sono i più forti che si sono scontrati insieme nel Mondiale. Ma se ai piloti fate un nome su chi è stato il più forte di sempre, 9 volte su dieci esce lui: Giacomo Agostini. Ancora oggi le sue imprese sono nella storia, così come i titoli, che sembrano davvero irripetibili. Un campione che oggi compie 80 anni.
Un pilota che ha fatto la storia del motociclismo, scrivendo pagine incredibili con i suoi record: 18 titoli nazionali (16 nel campionato Italiano Velocità, 1 nel campionato Italiano Velocità in Salita e uno juniores), per un totale di 311 vittorie in gare ufficiali; 15 titoli Mondiali, di cui 8 nella classe 500, è il pilota che ha conquistato il maggior numero di Mondiali e insieme a Hailwood è anche quello che ha vinto più gare iridate (19) in uno stesso anno (1970). In totale ha vinto 123 Gran Premi, salendo sul il podio in 163 delle 190 gare valide per il titolo mondiale.
Può bastare? Ma neanche per sogno. Nel 1968, nel 1969 e nel 1970 è stato capace di vincere tutte le gare delle classi 500 e 350 nel Motomondiale. Insomma qualcuno che sarà difficile da eguagliare. E che si può definire, senza alcuna ombra, un mito.
Agostini, la storia di un mito
Nato il 16 giugno del 1942 all’ospedale di Brescia, fin da ragazzino sviluppò una passione per le due ruote, partecipando a delle gare “clandestine” intorno al Lago d’Iseo. Il padre non era per nulla convinto della sua voglia di correre e, nonostante questa reticenza, alla fine acquistò un “Settebello” per 500.000 lire. Con questa moto cominciò la sua storia. Infatti arrivarono i primi successi, che gli aprirono le porte della Morini, che lo volle nella Squadra Corse.
L’anno della svolta vera però fu il 1965, quando fu la MV Agusta, che lo notò e gli propose il grande salto nel Motomondiale, dove esordì nelle classi 350 e 500. Fu la scelta giusta dell’azienda italiana, perché Agostini cominciò a vincere a raffica, dando vita a scontri memorabili in pista, in particolare con Mike Hailwood. Tante le imprese, tra cui sono da ricordare le 10 vittorie nel mitico Tourist Trophy, la corsa più antica e pericolosa del mondo, che fino al 1976 fu valida come Gran Premio di Gran Bretagna. Dal ’65 al ’72 nessuno riuscì a batterlo in quella che fu una striscia incredibile. Ad interromperla fu solo la decisione di dire basta a questa corsa perché troppo pericolosa. Decisiva fu purtroppo la scomparsa del pilota e amico Gilberto Parlotti.
Imprese tutte scritte con la moto italiana da parte di Agostini, che però visse un momento difficile proprio con la scomparsa del Conte Agusta. Dopo qualche stagione in affanno, decise allora di tentare una nuova impresa, decidendo di accettare la sfida Yamaha. Era il 1973 e per due stagioni Ago guadagnò 300 milioni di lire, una cifra importantissima per l’epoca, che gli scatenò una marea di polemiche, soprattutto perché aveva “tradito” la casa italiana. Ma la scelta fu azzeccata. Al debutto nella terribile 200 miglia di Daytona, dove vincevano solo i fenomeni made in Usa, diede una lezione a tutti, a partire da quel Kenny Roberts che prima lo aveva sbeffeggiato e poi, una volta sconfitto, ammise: “Non posso credere che Agostini sia umano”.
Fu un finale di carriera dove il pilota italiano si ritagliò ancora delle soddisfazioni, come l’ultimo titolo iridato, nel 1975, davanti proprio alla MV Agusta di Phil Read, il pilota che lo aveva scalzato da quella scuderia. Ma alla fine non riuscì a resistere al richiamo e vi tornò nel 1976, conquistando gli ultimi storici successi della casa varesina nei Gran Premi di Assen (in 350) e Nürburgring (500). Nel Natale del 1977 la decisione di dire basta. Almeno con le moto.
Infatti l’amore per la velocità era davvero forte e Agostini continuò stavolta con le quattro ruote (come Valentino Rossi, il suo grande erede come spesso ha ricordato), partecipando senza grossi successi ai campionati di Formula 2 e Formula 1 Aurora. E pensare che nel 1966 addirittura fu Enzo Ferrari in persona che gli offrì un posto in F1, ma lui rifiutò per il troppo amore delle due ruote. Poi nel 1982 rieccolo spuntare nel Motomondiale, stavolta nelle vesti di direttore sportivo. E anche stavolta vinse. Con il suo team, supportato da Marlboro e Yamaha, Agostini conquistò 6 titoli mondiali in 500, tre Costruttori (1986, 1987 e 1988) e tre nel Mondiale piloti (1984, 1986 e 1988) con Eddie Lawson. Poi toccò nel 1992 alla Cagiva, che raggiunse con lui le prime vittorie in 500, mentre nel 1995, anno in cui disse basta, portò in 250 al trionfo Doriano Romboni.
Un campione dentro e fuori, uno che difficilmente fa zero a zero quando c’è da parlare di moto e di piloti. Che quando ti concede un’intervista e si parla delle sue imprese, ogni volta è capace di raccontarti un aneddoto particolare e avere l’occhio lucido per l’emozione. Uno che ancora oggi non disdegna di farsi trovare pronto per qualche giro in pista, non solo con le moto del passato ma anche con quelle nuove. Perché la passione, quando ce l’hai, non si spegne. E ne ha una, infinita, come lui. Buon compleanno Giacomo Agostini.