A Budapest la Ferrari ha dato di nuovo prova di non essere in grado di lottare per titolo. E pensare che all’inizio sembrava tutto diverso.
Di buono c’è che a differenza dell’anno scorso e di quello precedente l’Inno di Mameli qualche volta in questo primo ritaglio di 2022 lo si è sentito. Tre volte per Leclerc e una per Sainz, per un totale di 11 podi. Numeri decisamente confortanti se si pensa al recente passato e pur tuttavia preoccupanti se si torna con la memoria ai test invernali o ancora all’apertura di campionato sul tracciato di Sakhir.
In quel momento tutto giocava a favore della Rossa e il ritorno della corona a Maranello sembrava quasi scontato, specialmente dopo il doppio ritiro di Verstappen e Perez proprio in Bahrain, a distanza di pochi giri l’uno dall’altro per ragioni di affidabilità.
Il lungo periodo di fatica e lacrime del Cavallino pareva dunque superato per fare spazio alla gioia e alla celebrazione. Ed invece pian piano la Scuderia è tornata alle sue vecchie abitudini.
La Ferrari ha buttato via il titolo?
Tra pit stop lenti, errori di strategia, dei piloti e problemi di tenuta della vettura, il sogno si è raffreddato e ora, giunti alla pausa estiva, potremmo definirlo da archiviare. Salvo miracoli, l’equipe modenese dovrà accettare di vedere qualcun altro trionfare ad Abu Dhabi. O peggio ancora, se il passo della Red Bull dovesse continuare ad mantenersi quello attuale, magari pure prima dell’ultimo round di Yas Marina.
Il weekend di Budapest, quello appena concluso, è stato forse tra tutti il più brutale. Classifica alla mano gli energetici vantano un bottino di 431 punti contro i 334 della Rossa. Un divario mostruoso e difficilmente colmabile. E non va meglio nella generale conduttori dove Max svetta con 258 lunghezze contro le 178 di Charles e le 156 di Carlos, quinto.
Al di là del regalo fatto ai rivali, all’Hungaroring il team gestito da Mattia Binotto ha dimostrato di avere numerosi deficit. I cambi gomme non sono all’altezza di quelli della concorrenza, le scelte relative alle mescole da montare di sovente non coerenti con le condizioni dell’asfalto (nel caso dell’Ungheria, perché al #16 sono state messe le hard?) e la monoposto pecca forse di qualcosa, sebbene le parole del responsabile della squadra, subito pronto a puntare il dito contro la performance del veicolo sia parsa un po’ come un’arrampicata sugli specchi.
Nelle prossime tre settimane, il Cavallino di nuovo azzoppato, dovrà fare un reset. Cercare di capire cosa non sta funzionando e perché. Probabilmente non sarà sufficiente per ribaltare lo stato delle cose, ma forse lo sarà per invertire la rotta alla ripresa, per ridurre il distacco e non dover più assistere a dopo gara in cui i due portacolori non sanno come commentare l’ennesima chance buttata.