Carlo Tamburini, giovane pilota italiano del TCR, ci ha confessato il suo percorso nel Motorsport. Una bella chiacchierata a 360° sulle quattro ruote.
In esclusiva su Tuttomotoriweb abbiamo avuto il piacere di intervistare Carlo Tamburini. Il pilota mantovano è nato il 23 febbraio 2005 e, attualmente, corre nel campionato italiano TCR su una potente Honda Type R. Il giovane ha raccontato le difficoltà per i piloti italiani di emergere in un contesto sempre più selettivo. Oggi uno young driver deve fare i conti anche con delle pressioni mediatiche non indifferenti. E’ un percorso che richiede tantissime motivazioni e voglia di emergere, ma a volte il talento non basta.
Carlo ha un amore sconfinato per il Motorsport. Nell’intervista avrete la possibilità di avere il suo punto di vista su tante tematiche, non solo legate al mondo della F1. Giovane ma molto sicuro di sé, Carlo ha le idee chiare sul suo futuro. Ha scelto di farsi seguire da una nota Academy del settore e ha già avuto brillanti riscontri in pista. Come tanti giovani, Tamburini ha iniziato sui kart, favorito dalla passione di suo padre, che gli ha regalo un kart speciale per il suo nono compleanno. Il 2021 è stato per lui il primo anno dedicato completamente al Motorsport. Dopo l’esperienza positiva in F4, il diciasettenne ha deciso di fare il grande salto in un campionato molto competitivo.
Carlo iniziamo dalle basi, come è nata questa grandissima passione per il Motorsport?
“Sicuramente è nata da mio papà. Ho preso da lui questa passione e prima da bambino guardavo tante gare, poi ho iniziato anche ad andare in autodromo, quindi a frequentare l’ambiente vero e proprio del Motorsport, oltre alle officine dove si facevano le lavorazioni. Quindi sono cresciuto un po’ così fin da quando ero piccolo mio papà ha sempre avuto tante macchine, vendeva, comprava, alcune anche sportive e fino a quando all’età di otto anni circa, ho cominciato con i go-kart elettrici in una pista indoor qui a Mantova, vicino a casa mia. Poi un anno dopo finalmente son partito coi motori veri a scoppio con un Kart 60 e questo è stato proprio il giorno del mio nono compleanno. Quindi come regalo ho avuto come test in pista proprio la prova di un go-kart. Mi ricordo benissimo ancora perché aveva una livrea speciale fatta in stile Red Bull e in quel periodo il mio idolo era proprio Sebastian Vettel, quindi era stata bellissima giornata. Mi ricordo ancora, ovviamente, tanta emozione. Mi ricordo anche l’ansia però bellissimo. E così è iniziato tutto”.
Tu corri con la Honda nel TCR, ma fino a poco tempo fa hai fatto grandi esperienze con le monoposto, con la Formula 4 e quindi con vetture estremamente diverse. Parliamo di una monoposto a ruote scoperte, quindi macchina molto leggera, molto agile e adesso invece sei al volante di questa Honda che sicuramente richiede tutte altre caratteristiche di guida. Puoi spiegare un po’ i nostri appassionati quali sono le più grandi differenze che hai trovato? Perché si tratta di macchine totalmente opposte tra di loro?
“Sì, sicuramente ho fatto un cambio di categoria abbastanza particolare, perché forse sono i due più grandi estremi, perché di simile c’è veramente poco. Formula 4 è una macchina che quasi tutti i piloti che vengono dal kart usano. Cominciano a correre proprio con quella, caratterizzata dal fatto che è leggera. Il motore è comunque turbo, ma non ha tanti cavalli, mentre invece la TCR è molto diversa ovviamente, come tutte le TCR ha la trazione anteriore e poi sicuramente molto più pesante. Ha il doppio della potenza. Quindi sicuramente quando ho dovuto adattarmi. Quello che ha fatto di più la differenza proprio la trazione anteriore e il peso porta ad uno stile di guida molto particolare. Io venendo dai kart, ovviamente sempre abituato ad avere la potenza da dietro, quindi a guidare così. Nei primi giri mi sono sentito po’ disorientato, però ho avuto la fortuna di essere assistito da ingegneri e da driver bravi, quindi comunque è stato un processo che non ha richiesto tanto tempo in pista. Alla fine io sono sempre stato appassionato di quasi tutte le categorie, non sono mai stato, diciamo fanatico solo della Formula 1 o di altre macchine, quindi ogni macchina ha le sue particolarità, i suoi pregi e i suoi difetti. Quindi su entrambe mi diverto un sacco”.
Ci vuoi parlare dell’Academy che frequenti. A diciassette anni la consiglieresti ad un ragazzino che vuole diventare un pilota professionista?
“Si, questa Academy è nata proprio l’anno scorso, è stata creata dal team Motorsport che già diversi anni compete nei campionati turismo nazionali, schierando sempre le Honda Civic. E’ un progetto che sin da subito mi ha stimolato. Quando mi hanno parlato di questo progetto, della possibilità di entrare a farne parte. Sicuramente ho visto potenziale perché penso che nel 2022 e nei prossimi anni ancora di più il pilota, se vuole diventare un professionista, non deve solo saper andare forte, ma deve proprio vivere il Motorsport a trecentosessanta gradi. Quindi che si tratti di allenamento fisico, allenamento al simulatore, ma anche come parlare con i media, è tutto molto importante. Ci sono un sacco di attività che magari fino a pochi anni fa venivano considerate secondarie, mentre ora sono molto importanti, quindi sicuramente si, per un giovane pilota è molto importante essere seguito nel modo giusto. Penso che avere le giuste persone intorno posso fare veramente la differenza, perché i primi anni sono sempre difficili. Ovviamente si passa dal kart al motorsport vero e proprio quindi ci sono similarità, ma anche tante differenze. Se non si è seguiti nel modo corretto può disorientare un po’. Però si son contento di far parte di questa Accademy. Abbiamo lavorato tanto, soprattutto questo inverno e credo si sia visto proprio nella prima gara del campionato, che è un campionato molto competitivo. Subito in qualifica ho fatto terzo a meno di un decimo della pole position. Quindi il lavoro si è visto e ha mostrato i suoi risultati”.
Proprio perché abbiamo davanti un giovane ragazzo italiano, Carlo Tamburini, che sogna una bella carriera nel Motorsport. Io volevo chiederti come vedi il futuro dei piloti italiani? Purtroppo abbiamo perso Antonio Giovinazzi in Formula 1 e nelle categorie propedeutiche non c’è questa spinta che vediamo con i piloti stranieri. E questo un po’ mi preoccupa perché secondo me ce ne sono stati e ce ne sono di validi, ma non hanno potuto raggiungere quei traguardi, appunto a volte per mancanze economiche o cose simili. Tu cosa respiri nell’ambiente italiano?
“Si sicuramente la Formula 1 sta diventando qualcosa di sempre più irraggiungibile, forse per tanti motivi. Il primo è quello economico, perché le categorie formula sono sempre più inaccessibili. Però non penso sia quello il più grande problema degli italiani, diciamo. Credo piuttosto che altri Paesi diano più sostegno, che si tratti di aziende o anche da parte della Federazione, con tanti programmi per aiutare a far crescere i giovani e investire su di loro. Quindi sì, in Italia quello che respiro io è molta tradizione, perché ovviamente l’Italia è piena di storia nel mondo dei motori, che si tratti di auto, che si tratti di piste, di piloti ne abbiamo tantissima di storia, ma credo che per il futuro non si stia lavorando. Sinceramente spero già dall’anno prossimo, ma non so ancora niente dove correrò, ma spero di entrare in un campionato internazionale, quindi magari europeo perché l’Italia comunque è un mondo limitato. E’ giusto ricordare di essere italiani e da dove si viene, ma anche giusto guardarsi attorno e non focalizzarsi troppo appunto su campionati nazionali. Perché c’è un limite per la Formula 1 ma ci sono tanti talenti, alcuni sono anche già supportati. Bene, mi viene in mente, non so Antonelli, che è supportato da Mercedes F1, quindi se mi chiedi un nome che forse potrebbe arrivarci, mi viene in mente lui. Però sì, in generale credo che l’Italia potrebbe fare di più per sostenere i giovani. Si pensa sempre molto al calcio e meno ad altri sport, ma il Motorsport invece finisce per essere secondario”.
Tamburini, una passione sfrenata per i motori
Il Motorsport purtroppo è trattato veramente poco anche sulle principali testate nazionali. Detto di Vettel, idolo di quando ovviamente eri ragazzino, ma adesso hai un pilota preferito che sostieni?
“Non ho un pilota preferito, diciamo un idolo assoluto. Ci son tanti piloti che mi piacciono in formula. Mi piace la coppia McLaren, anche se ultimamente Ricciardo fa fatica, ma è già da quando era in Red Bull Racing che lo seguo, perché da bambino molti mi dicevano che gli assomiglio nel modo di fare, quindi sorridente e solare. Però da bambino mi ci sono affezionato. E comunque penso sia anche un bravo pilota. Al di là delle difficoltà, ma anche Norris credo che sia simpaticissimo, sia molto veloce però sì, seguo anche piloti all’esterno della Formula 1. Per esempio mi viene in mente di indicare Scott McLaughlin, un pilota che correva nel turismo australiano e che adesso è passato all’Indycar. Sta facendo bene, quindi in ogni categoria vi sono diversi piloti che mi piacciono. Ovviamente ognuno ha la sua storia, il suo percorso. Però è giusto anche ispirarsi“.
A proposito di giovani talenti, chiaramente, avevo una curiosità su quello che è successo in Red Bull ultimamente. Non so se hai seguito la questione di Juri Vips che è stato allontanato dall’Academy anche se continua a correre in F2. Secondo te quanto è giusto rovinare la carriera di un pilota per una motivazione del genere?
“Mi ha fatto molto riflettere come cosa perché davvero una piccola parola o una frase hanno avuto un effetto enorme. É una cosa che è già successa anche in altri sport. Io seguo il basket ed è successo anche con un altro atleta a cui è stato strappato il contratto per una cosa molto simile. Sinceramente si tratta di un errore grande, ma è eccessivo questo. Bisognerebbe piuttosto proprio puntare a un qualcosa che aiuti anche il pilota a diffondere, invece di evitare queste cose, quindi proprio usare lo sbaglio, magari per dire ‘ok, ho sbagliato, non fatelo voi’. E secondo me anche per me è un buon pilota. E’ eccessivo questo soprattutto quando si tratta di un ragazzo. Se fosse un’atleta professionista, un pilota di formula 1 di esperienza, non so uno come Fernando Alonso, forse sarebbe un po’ più imperdonabile, ma per un ragazzino veramente è molto grossa come conseguenza. Poteva essere gestita meglio”.
Hai nominato Fernando Alonso e, a questo punto, io ho una curiosità su di lui. Nei prossimi anni correrà in Aston Martin, pur avendo già compiuto 41 anni. Che ne pensi di questi campioni, come ad esempio anche Valentino Rossi, che continuano nel Motorsport nonostante non ottengano più grandi risultati?
“Alla fine posso dire che essendo io un giovane che invece vuole arrivare a sostituire i piloti che ormai hanno fatto il loro, dal mio punto di vista, credo sia sbagliato. Nello stesso tempo se mi metto nei loro panni posso capire perché anche io amo talmente tanto correre. Poi non so, magari fra vent’anni, mi stuferò ma se uno mi chiedesse adesso io correrei finché le capacità fisiche me lo permetteranno, anche se magari dovrò scegliere altre categorie perché sarò troppo vecchio. Insomma, è normale che lo vuoi fare il più possibile. Inoltre, c’è sempre la questione economica, comunque essendo piloti con un palmares molto importante. Anche i contratti sono importanti, ma non credo che sia quello lo stimolo, ma piuttosto proprio l’amore per le corse. Eh sì, alla fine ad un Alonso non si può dire molto perché comunque ha delle buone performance. Non credo top nel senso come un Max Verstappen, ma comunque sono ottime prestazioni. Fa ancora la differenza in alcune situazioni, per esempio in partenza. Lui è tra quelli che parte sempre meglio, nel senso se mi metto nei suoi panni e ha ragione, se mi metto nei miei, invece, vado contro. Difficile dire”.
Ringraziamo Carlo Tamburini per la sua schiettezza e disponibilità e ci auguriamo, da amanti del corse automobilistiche, che il suo appello sul Motorsport italiano possa essere accolto in futuro.