Stop a diesel e benzina: perché si tratta di un favore alla Cina

Dal 2035 non potranno essere più vendute vetture con alimentazione a diesel o benzina. Ecco perché è un favore al mercato cinese.

Chissà se lo ha fatto consapevolmente. Di certo l’Unione Europea ha ceduto alla Cina facendole un bel regalo. Lo stop alla produzione di veicoli a diesel o benzina in nome del rispetto ambientale imposto a partire dal 2035, farà dunque il gioco del Paese asiatico che controlla il 60% del mercato delle batterie elettriche.

Benzina (AdobeStock)
Benzina (AdobeStock)

Una situazione di quasi monopolio difficilmente modificabile nel breve periodo. Tra i motivi c’è anche la lungimiranza del governo di Pechino che, consapevole della direzione dell’automotive e del mondo, si è subito dato da fare con investimenti importanti nel campo dell’eolico, del fotovoltaicolo e delle componenti di alto livello.

È un po’ quello che succede con l’Opec per quanto riguarda il petrolio“, il commento rilasciato al quotidiano Libero dal direttore di “Al Volante” Guido Costantini.Sono i cinesi che dominano il settore non solo dell’estrazione dei metalli rari e delle materie prime che servono a realizzare le batterie, ma ne sono anche i leader della prima lavorazione“.

Il divieto della motorizzazione classica potrebbe rappresentare altresì l’inizio di un periodo cupo per le nazioni del Vecchio Continente che, storicamente hanno sempre progettato e prodotto veicoli, su tutte l’Italia, la Francia, la Germania, la Spagna e la Svezia.

Stando a quanto dichiarato dai ministri dello sviluppo economico e della transizione ecologica Giancarlo Giorgetti e Roberto Cingolani il rischio è la perdita di almeno 300.000 posti di lavoro.

Un problema di peso che allarma pure Confindustria, che tramite Marco Bonometti, presidente del gruppo Omr, ha espresso un certo scetticismo sulla bontà della scelta dal punto di vista della sostenibilità.

Se è vero che la macchina elettrica non emette anidride carbonica , per produrla, in tutte le sue parti, vengono attivati processi complessi che emettono CO2 e altre sostanze inquinanti“, il suo commento.

Stando alle analisi dell’esperto Daniel Clarke nel 2026 la Cina vanterà ancora il 65% di presenza nel settore “a dispetto dei migliori sforzi degli Stati Uniti e dell’Europa” .

Nel 2021 la Contemporary Amperex Technology, azienda specializzata nelle batterie agli ioni di litio con sede a Ningde, ha prodotto 96,7 GW su un totale globale di 296,8. Una crescita del 167,5% che punta ad aumentare nei prossimi anni.

Come? Cominciando a stabilirsi in zona Europa come annota InsideEv. Il primo impianto è già stato installato nell’area industriale di Erfurter Kreuz, in Germania, e al momento produce 8 GWh annuali, ma a breve salirà a 24 GWh.

In patria invece, l’edificio più ampio è quello di Fuding con una produzione fin a 60 GWh, con il target del raddoppio. Nella stessa provincia, il Fujian, verrà ingrandita la base di Xiapu e e sarà costruita un’altra.

Prima concorrente della CATL è l’americana Lithium Werks, che vorrebbe toccare i 500 GW pur non eccedendo ad oggi gli 8 GW. Ironia della sorte è che la gigafactory su cui vorrebbero concentrarsi maggiormente si trova a Zhenjiang. Insomma tutto ruota attorno alla Cina, conveniente anche sotto il profilo del costo della forza lavoro. E l’ultima decisione di Strasburgo non ha fatto altro che darle un’ulteriore mano.

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