Da Monza emerge un’indiscrezione che riguarda Vettel. Il tedesco avrebbe ricevuto il benservito e non se ne sarebbe andato volontariamente.
L’attivismo ambientalista da cui è stato colto a partire dallo scoppio della pandemia, potrebbe essere costato caro a Sebastian Vettel. A sorpresa, nel paddock del Tempio della Velocità ha cominciato a serpeggiare una voce piuttosto particolare. Ovvero che l’annuncio fatto in Ungheria a proposito del suo ritiro dalla F1 a fine stagione, non sarebbe stato farina del suo sacco, bensì imboccato da Lawrence Stroll.
In pratica, il patron di Aston Martin non avrebbe per nulla gradito tutto questo criticare le discipline che inquinano. Una questione che negli ultimi mesi ha fatto storcere parecchi nasi, tanto da accusare il tedesco di opportunismo e ipocrisia considerato che da un decennio e oltre si arricchisce nelle competizioni automobilistiche.
Nel famoso video da poco più di 4′ diffuso alla vigilia del round di Budapest, il quattro volte iridato spiegava i motivi del ritiro dal Circus imputandoli alla necessità di trascorrere più tempo con la famiglia e di dedicarsi ad altre attività lontane dal frastuono dei motori.
Ebbene, certe giustificazioni non hanno convinto e qualcuno a Monza ha domandato al 35enne lumi.
“Non sono stato cacciato“, ha dichiarato ribadendo il messaggio della prima ora e difendendosi poi dall’accusa di volersi soltanto pulire la coscienza facendo discorsi moralisti su clima e ambiente. “Ho abbastanza soldi da potermi permettere i pannelli solari sul tetto di casa e un’auto elettrica. Inoltre sui GP europei mi reco sempre con la macchina, eccetto che all’Hungaroring e a Silverstone“.
Per far capire meglio cosa lo ha spinto ad una simile conversione, a tratti ancora più estrema di quella di Hamilton, Seb ha parlato dei cambiamenti che ha potuto notare nei luoghi in cui si sposta il Circus.
“Non nevica più e in Paesi come la Germania, la Francia o l’Inghilterra si stanno verificando degli incendi. Senza dimenticare la siccità“, ha analizzato sostenendo di fare tutto per le giovani generazioni.
Uno dei rimbotti fatti all’asso di Heppenheim riguarda l’ente che lo stipendia: una delle compagnie petrolifere più importanti dell’Arabia Saudita.
“Se ci pagassero il 10% in meno di oggi, credo che saremmo comunque tutti qui perché amiamo guidare. E’ vero consumiamo benzina, ma non è compito del pilota cercare gli sponsor giusti“, si è difeso.
Dopo aver promesso di investire il denaro guadagnato in carriera in qualcosa di costruttivo e benefico per il pianeta, il #5 ha bocciato l’ipotesi di un suo avvenire in politica. “E’ un lavoro molto difficile“, ha detto.
Tornando alla sua professione e facendo un salto al periodo trascorso in Ferrari dal 2015 al 2020, il driver dell’Assia ha espresso qualche rammarico. “E stato bello a Maranello, ma avevo un obiettivo, ossia il titolo e l’ho mancato“, ha confessato. “Ho conquistato troppi pochi punti. Ho fatto diversi incidenti, come ad Hockenheim. E come squadra non siamo stati abbastanza competitivi“, ha concluso rimarcando, chissà perché, di aver trattato tutti bene. Come d’altronde desiderava essere trattato lui stesso.
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