Abbiamo avuto il piacere di fare una interessante chiacchierata con un centauro italiano dalle belle speranze, Matteo Ferrari. Il rider ha raccontato la sua ricetta per arrivare in alto.
In molti, non più giovanissimi, ritengono che per diventare dei rider professionisti occorre necessariamente iniziare dalle mini moto a 3 anni. Il motociclismo non è una scienza esatta e Matteo Ferrari non si è posto limiti quando ha preso la patente per le due ruote a 16 anni. Nonostante qualche brutto infortunio il classe 2000 sogna di gareggiare presto nella categoria Supersport 600 mondiali. Il pilota italiano si è già tolto diverse soddisfazioni in carriera, rialzandosi dopo un periodo complesso. Ecco la sua incredibile storia.
Ciao Matteo, iniziamo dalle basi, come è nata questa passione sfrenata per il Motorsport?
“La mia passione è nata, principalmente, guardando le corse con mio padre. Andavamo spesso al mare e alle 14:00, la domenica dei GP, in TV guardavamo sempre le gare. Ero molto tifoso di Stoner, di Lorenzo, di Pedrosa e mi sono appassionato per quel motivo”.
Puoi spiegare un po’ ai nostri appassionati quali sono gli step che hai seguito per diventare un pilota?
“Diciamo non ci sono step fissi, più dimostri il tuo talento, la tua determinazione e più riesci ad arrivare in alto. Io sono partito, cominciando con l’Aprilia RS 125. Giravo su a Como, nella scuola motociclistica di Como, con le pit bike, Mini GP e tutto. Sono andato lì per imparare ad andare in moto e prendere la patente a 16 anni. Dopo una settimana quando è tornato mio padre si era chiesto chi fosse quello lì, inteso me, e glielo avevano chiesto anche al dirigente della scuola, perché mi vedevano piegare, toccare con il gomito e con il ginocchio e avere più una guida sportiva. Mi è stato domandato da un signore che all’epoca era Ballabio da quanto tempo corressi e se volessi correre in moto. Da lì in poi è iniziato tutto. Sono passato da lui a Cast16 a GradaraCorse fino ad arrivare diciamo all’Aprilia, alla R3Cup e fare anche una mini wild card al CIV”.
Ci racconti le sensazioni che provi alla guida e un episodio che non dimenticherai mai.
“La sensazione che provo quando guido la moto è paragonabile ad un bambino quando va in un negozio pieno di giocattoli e caramelle. Quindi sono strafelice, mi sento proprio nel mio mondo e a mio agio. Posso praticamente esprimere tutto ciò che voglio e tutto ciò che posso dimostrare. Poi un episodio che non dimenticherò mai è accaduto a Misano quando nonostante non avessi in quell’occasione calcato il podio, mi sono tolto una bella soddisfazione. E’ stata la prima gara, dopo l’incidente delle vertebre dove non si sapeva se fossi rimasto paralizzato, morto e invece sono tutto intero. Sostanzialmente ero partito indietrissimo, tipo 25esimo e davanti a me erano caduti in tre e nonostante queste tre cadute io sono arrivato dodicesimo. Avevo superato veramente tanti piloti, quando sono arrivato al parco chiuso, tutte le persone, i genitori e i vari piloti mi avevano applaudito. E’ stato il momento più bello anche se non avevo fatto il podio. Essere applauditi dopo un incidente del genere dove non è facile ritornare in sella. E’ stato veramente bello”.
Sei un ragazzo italiano che sogna una brillante carriera nel Motorsport. Come vedi il futuro dei piloti italiani? C’è qualche giovane del Motomondiale che ti ha impressionato?
“Io sogno di arrivare al Motomondiale. Guardo di più la Moto2 adesso rispetto alla MotoGP, prima guardavo anche tanto la Moto3. All’epoca mi faceva impazzire Jorge Martin. Tra i giovani quello che mi piace di più, in Moto2 è Tony Arbolino. E’ un pilota giovane, ho avuto la fortuna di conoscerlo e farci due chiacchiere ed è una persona veramente umile. Si allena poi alla scuola motociclistica di Como e devo dire che è un pilota che ammiro molto”.
Qual è stata la più grande soddisfazione sin qui della tua carriera o l’incontro che ti ha cambiato la vita?
“La mia più grande soddisfazione è stata quella di riuscire a dimostrare che iniziando tardi, comunque, perché io ho iniziato a correre quando avevo più o meno 17 anni, considera che c’è gente che praticamente inizia a tre anni sulle minimoto, io ho dimostrato che non importa quando inizi, ma conta ciò che vuoi veramente. Quindi questa è la mia più grande soddisfazione. Per quanto mi riguarda l’incontro più importante della mia vita è stato con William De Angelis che mi ha impostato come pilota. Mi ha fatto capire cosa voleva dire essere un pilota da corsa e poi affiancandomi anche a Davide Carli che è stato il primo, insieme appunto a William, a dedicare del tempo e a cercare una soluzione per la schiena quando ho avuto l’incidente alle vertebre. William De Angelis è il fratello di Alex De Angelis. Quindi quello lì è stato sicuramente l’incontro più importante della mia vita”.
Quali sono i tuoi obiettivi? In quale categoria ti piacerebbe correre in futuro?
“I miei obiettivi, per ora, sono ricominciare a fare test e, sicuramente, allenarmi. Voglio mettermi in sesto dopo l’infortunio e poi la categoria che mi piacerebbe correre è la Supersport 600 mondiali, in quanto ormai anche a livello fisico essendo abbastanza alto per la 300, mi piacerebbe fare il salto di qualità e andare là”.
Ti ispiri a qualcuno? Hai un pilota preferito che sostieni?
“Come pilota mi ispiro a livello tecnico a Jorge Lorenzo e come persona mi ispiro molto a Pedrosa e Stoner. Un connubio tra i due. Daniel Pedrosa è sempre stata una persona che riusciva sempre a farsi gli affari suoi, in certo senso, e non entrare molto nelle questioni. Poi Stoner per quanto riguarda la mentalità è stato il primo a usare la psicologia da cui ha anche imparato Valentino Rossi. Il mio preferito che sostengo, in Moto3, è Riccardo Rossi perché è un mio amico. E’ genovese e ci alleniamo insieme e quindi sostengo lui. In Moto2 è sempre Tony Arbolino. Invece, in MotoGP un pilota che sostengo è lo spagnolo Aleix Espargaró, ma sono un grande tifoso di Enea Bastianini”.
Che ne pensi di questi campioni navigati, come ad esempio Valentino Rossi o anche Fernando Alonso, che continuano nel Motorsport nonostante non ottengano più grandi risultati? Dovrebbero lasciare spazio ai giovani?
“Allora di questi piloti navigati come tipo Valentino Rossi o Alonso in F1, ti direi che è difficile poi togliersi dal mondo motori quindi li posso capire”.
Parlaci della moto con cui corri.
“La mia moto attuale, in questo momento, stando fermo è la R6 che uso appunto per fare test e tutto. Ho anche delle pit bike con cui, di recente, sono andato ad allenarmi. Devo dire che è una moto ad alte prestazioni quindi inizia ad essere una moto importante, ottima per il passaggio in futuro alla 1000. E’ una moto che amo”.
Cosa ne pensi dell’attuale lotta al vertice in MotoGP?
“Dell’attuale lotta al vertice del Motomondiale una cosa che apprezzo è che, finalmente, c’è un po’ più di competizione tra il campione del mondo, Fabio Quartararo. e qualche italiano che è riuscito a colmare il gap con i tanti rider stranieri”.
Ora sei ai box per un brutto infortunio, parlacene e quando ti rivedremo in pista?
“Sono ai box perché ho avuto un infortunio alla caviglia, dopo quello alla clavicola e adesso preferisco prendere il tempo giusto per rimettermi in sesto e affrontare dei test in modo più tranquillo. Mettermi in forma a livello strutturale, in modo tale da dare poi ancora di più il meglio di quanto io abbia già dato. Io preferirei continuare io mio percorso appunto con le 600. Lo preferisco, più che altro, perché la 300 è sempre stata una moto abbastanza per allievi, mentre la 600 è tanta roba”.
Ringraziamo Matteo Ferrari per l’intervista e ci auguriamo, da amanti del Motorsport, di averlo presto al 100%, ospite anche nelle nostre trasmissioni video. Date anche un’occhiata all’intervista con Carlo Tamburini, altro talentino italiano delle quattro ruote. Su Tuttomotoriweb desideriamo dare voce e spazio a storie di ragazzi giovani che hanno un grande sogno e lottano per raggiungere i loro ambiziosi obiettivi.