Il GP del Giappone ha restituito un Marquez decisamente forte. Ecco perchè deve fare paura agli avversari e perché è un bene anche per loro.
E’ tornato, e fa paura. Marc Marquez al secondo tentativo ha fatto vedere realmente a che punto è adesso ed è un problema per gli altri. Dopo un GP di Aragon decisamente complicato, dove una partenza choc con due incidenti lo hanno messo subito fuori dai giochi, in Giappone lo spagnolo è tornato finalmente a sorridere. E non solo per i risultati in pista ma in generale per quanto vissuto per tutto il weekend, dove ha potuto testare in maniera ancor più importante la sua condizione fisica dopo l’ennesima operazione all’omero destro, la quarta da quando a Jerez 2020 è piombato in un tunnel da cui sembrava davvero complicato uscire.
Sono stati 681 da incubo per il talento di Cervera, quelli vissuti tra la prima e l’ultima operazione. Tanti errori, tanti dubbi, diversi ritorni che lo hanno fatto sperare per poi farlo ripiombare nel buio. Alla fine però è riuscito a venirne fuori, non senza qualche preoccupazione. Ad Aragon, il primo vero test, qualche segnale positivo c’era stato, senza però la riprova della pista la domenica. Stavolta in Giappone invece ha vissuto un weekend quasi “ordinario” e le prime risposte, quelle che aspettava, sono arrivate.
A Misano dopo la due giorni di test, il braccio ne aveva risentito, ma non troppo, dello sforzo su una MotoGP. Ma l’iberico ha percepito subito che rispetto alle precedenti occasioni qualcosa era decisamente diverso, quasi normale. I dolori, dovuti alla fatica di tornare a muovere una moto da corsa, erano di mancanza ancora di forza e non dovuti a un problema insito nel braccio.
Fin dal primo momento, Marquez ha capito che queste gare sarebbero servite per ritrovare la forma migliore e testare, senza fretta, la possibilità di tornare quello di una volta, o quantomeno un qualcosa di simile. Sì perché magari non vedremo più quel pilota capace di guidare in maniera fisica una moto, dare il 110% ad ogni giro, ad ogni curva, ma quantomeno uno che sappia sfruttare pienamente le proprie capacità, senza risentirne fisicamente. E a Motegi i segnali più importanti sono stati proprio in questo senso.
Marquez, un fenomeno che si è ritrovato
“Sono molto contento non solo per il risultato ma anche perché per la prima volta dopo tanto tempo non ho avvertito alcun dolore al braccio“, ha detto Marc a fine gara ai microfoni Sky. Il tutto condito da un sorriso non camuffato, come visto tante altre volte, ma sincero, come quello di un bambino che si è divertito ed è tornato a vivere in maniera positiva e senza patemi il proprio “gioco”.
La frase più importante è stata però questa: “Al massimo ho sentito stanchezza, ma non dolore”, segno che stavolta davvero tutto sta procedendo nel migliore dei modi e che da adesso in avanti ci sarà soltanto da mettere su qualche muscolo in più e potrà tornare a guidare alla sua maniera, con naturalezza, magari con qualche accortezza in più perché gli anni passano per tutti e i segni dei precedenti infortuni comunque, vuoi o non vuoi, si fanno sentire in una qualche maniera. Ma quantomeno gli permettono di fare il pilota vero, non “limitato” come era in precedenza.
E’ proprio tutto questo che deve preoccupare gli avversari. Marquez si sta ritrovando fisicamente e, seppur non ancora al 100%, ha portato una Honda in crisi e decisamente al di sotto della concorrenza, prima in pole sotto la pioggia e poi al quarto posto in gara con un finale in crescendo. Si è detto in questi anni che, nonostante tutti, il vero campione rimane lui, Marc, mentre per gli altri è stata solo una pausa prima del rientro del migliore. Adesso sta a loro dimenticare queste critiche e dimostrare sul campo di poter davvero essere all’altezza del migliore, dell’ultimo fenomeno rimasto in pista dopo i grandi addii di questi anni. I segnali perché sia veramente così ci sono tutti, ma guai a sottovalutare la questione mentale, che è tutto a questi livelli. Servirà anche forza in tal senso per essere davvero dei campioni. E allora bentornato Marquez, perché ora vedremo realmente di che pasta sono gli avversari.