A 47 anni ha deciso di smettere con le gare (a tempo pieno) un mito americano come Jimmie Johnson, accostato a grandi di altre categorie.
Sono stagioni molto importanti per gli sport motoristici. Diversi i campioni che hanno decidere di dire basta, da Valentino Rossi ad Andrea Dovizioso, da Tony Cairoli a Kimi Raikkonen, passando per Sebastian Vettel. Negli USA però ha fatto clamore la notizia del ritiro di Jimmie Johnson, sette volte campione della NASCAR Cup Series (serie americana a ruote coperte) dove ha gareggiato a tempo pieno dal 2002 al 2020, guidando la Chevrolet n. 48 con Hendrick Motorsports. Un vero e proprio mito, come Michael Schumacher o Lewis Hamilton in F1 per i numeri pazzeschi che ha realizzato nel corso della sua lunga carriera. Tanto che molti analisti e colleghi piloti considerano Johnson uno dei più grandi piloti NASCAR di tutti i tempi.
I numeri poi parlano chiaro: 83 vittorie di Jimmie Johnson, che vuol dire essere il pilota NASCAR attivo più vincente, al sesto posto tra i vincitori di tutti i tempi della Cup Series. Ed è anche al terzo posto tra coloro che hanno gareggiato durante l’era moderna di questo sport (1972-oggi). È al primo posto con altri due miti come Dale Earnhardt Sr. e Richard Petty per il numero maggior dei campionati NASCAR Cup Series vinti con 7. Ha anche il maggior numero di campionati NASCAR Cup Series consecutivi vinti (con 5).
Jimmie Johnson, mito Made in USA
Nato a El Cajon, in California, nel 1975, ha iniziato a correre in moto all’età di quattro anni. Dopo essersi diplomato alla Granite Hills High School, ha gareggiato nella serie fuoristrada, vincendo sempre nelle varie categorie il titolo di rookie dell’anno. E già questo fa capire come fosse un fenomeno vero. Nel 1998, Jimmie Johnson e il suo team, l’Herzog Motorsports, iniziarono le corse di stock car ma è nel 2000 che arriva la svolta, con il passaggio alla NASCAR Busch Series (ora serie Xfinity).
Il suo talento venne notato dal pilota della Hendrick Motorsports Jeff Gordon, che convinse il proprietario Rick Hendrick a ingaggiarlo nella Winston Cup Series a tempo pieno per il 2002, con Gordon come comproprietario della sua auto. Dopo essere arrivato quinto a punti nella sua prima stagione completa, è stato secondo nel 2003 e nel 2004 e quinto nel 2005. Nel 2006 l’esplosione definitiva con il primo dei cinque titoli di fila, record ancora imbattuto. Jimmie Johnson che, tra le altre cose, è anche due volte vincitore della Daytona 500, portata a casa nel 2006 e nel 2013.
Oltre alle vittorie, sono impressionanti i suoi piazzamenti in NASCAR: 222 volte nei primi cinque, 341 tra i primi dieci e 35 pole position. Nelle ultime due stagioni ha corso in IndyCar non riuscendo a ripetere i risultati stratosferici ottenuti nell’altra categoria. E per questo ha deciso di dire basta, almeno a tempo pieno. Infatti non appenderà definitivamente il casco al chiodo. “Non sto dicendo che non guido più un’auto da corsa. Ho ancora il desiderio di correre, ma dal punto di vista di un pilota a tempo pieno basta: ci vogliono tanta energia, fatica e tempo per questo, soprattutto si è tanto fuori casa. Non sono più nella posizione giusta”, ha ammesso Jimmie Johnson.
La “lista dei desideri” è abbastanza lunga per il pilota, che in carriera ha ottenuto anche cinque volte il premio Driver of the Year (2006, 2007, 2009, 2010, 2013) ed è stato al primo posto nell’elenco di Forbes.com degli “atleti più influenti” per due anni consecutivi (2011, 2012). Negli ultimi anni ha partecipato regolarmente alla Race of Champions, dove ha incontrato, tra gli altri, Sebastian Vettel. Ha anche partecipato più volte alla 24 Ore di Daytona e ad altre gare IMSA. E la IndyCar era uno sfizio per disputare la 550 Miglia di Indianapolis. E chissà che magari non punti alla 24 Ore di Le Mans.