La realtà del Motomondiale è molto diversa da quella che molti immaginano. Non tutti i piloti della Moto2 se la passano alla grande.
Il Motorsport è sempre stato un ambiente molto esclusivo, ma al giorno d’oggi è diventato proibitivo. In un mondo che ha imboccato una direzione di non ritorno, a livello di inflazione, la nicchia di persone privilegiate che è riuscita a rendere la propria passione un lavoro su due ruote, soffre come tante altre categorie. Cominciare a correre, sin dalle serie minori, rappresenta un investimento serissimo per le famiglie. Le moto non presentano il costo salatissimo delle quattro ruote, ma vi sono tanti compromessi da accettare per poter arrivare in alto.
Il Motomondiale per tanti motivi non ha lo stesso appeal di prima. In molti hanno fatto coincidere l’addio di Valentino Rossi alla MotoGP con il calo verticale, ma in realtà, la crisi era già partita da prima. La Federazione non ha colto i segnali di un crollo, sul piano mediatico, di categorie che un tempo erano seguitissime. Il passaggio dalla 125 alla Moto3 e dalla 250 alla Moto2 non è stato proprio indovinato. Sono aumentati i costi e, nel corso delle ultime stagioni, tante realtà hanno dovuto fare un passo indietro. La situazione sta diventando sempre più complessa per i team, che non sempre riescono a fronteggiare i pagamenti degli stipendi dei rider e le spese per il materiale tecnico.
Vi sono delle spese prestabilite in base ai vari componenti delle moto. Si tratta di un vero e proprio mercato dove ogni euro deve essere ben investito. Naturalmente le maggiori difficoltà vi sono nella classe cadetta. Una Moto3 arriva a superare l’incredibile cifra di 200.000 euro, esclusi i rider. Un tempo in 125 si acquistava tutto in leasing. A quel punto il team, al termine della stagione, poteva tenersi il mezzo o cederlo ad un’altra squadra, ma erano cifre, nettamente, inferiori. Nella classe di mezzo, nel 2019, si è passati da un motore Honda a 4 cilindri 600 cm³ a un motore Triumph a 3 cilindri 765 cm³ della Street Triple, portato a circa 140 CV e circa 80 Nm di coppia. Sembrano lontanissimi i tempi della 250 con i successi di Max Biaggi e Valentino Rossi in Aprilia. E’, davvero, cambiato tutto.
Gli stipendi dei piloti della Moto2
La classe di mezzo è la categoria propedeutica alla MotoGP. L’obiettivo di un pilota, dopo i tanti investimenti nelle categorie precedenti, è quello di emergere, nel più breve tempo possibile per assicurarsi uno stipendio elevato in top class. Naturalmente, come accade in Moto3, c’è chi riesce a tirar fuori uno stipendio dignitoso e chi, invece, è costretto ad autofinanziarsi. Il giornalista Simon Patterson, esperto del Motomondiale, ha spiegato che gli stipendi dei rider di Moto2 e Moto3 non sono comunemente noti come quelli dei centauri della MotoGP, ma i migliori, costantemente, in testa si attestano su guadagni di € 100 -150k all’anno, ma questo dato scende molto rapidamente. Più realistico è circa un terzo della cifra, sperando di trovare degli sponsor, nel corso della carriera, che possano rappresentare una boccata d’ossigeno. Date una occhiata alla storia drammatica dell’italiano Tony Arbolino.
Naturalmente vi sono piloti che devono sobbarcarsi a tante spese personali, un mondo molto diverso rispetto alla top class. I piloti della MotoGP, infatti, guadagnano uno stipendio minimo compreso tra i 250.000 e i 14 milioni di euro (salario top di Marc Marquez), che rappresentano circa dall’87% al 95% dei loro guadagni annuali previsti. Un range ampio ma che permette a tutti di affrontare, serenamente, la pericolosa sfida mondiale. Insomma tutto è molto variabile. Il dato sconcertante è che la stragrande maggioranza di piloti a livello nazionale e mondiale paga per correre. L’obiettivo, ormai, non può essere più quello solo di partecipare ad un campionato prestigioso come la Moto2, ma fare subito il grande salto. Ecco perché poi tanti giovani si bruciano, saltando delle tappe, nel tentativo di balzare direttamente al mondo dorato della MotoGP. Le gare di Moto2, inoltre, sono veramente imprevedibili.
Il motociclismo è sempre stato uno sport molto costoso. Per tutte le squadra, ora più che mai, i bilanci devono quadrare. Sono delle aziende, mosse dalla passione, che hanno obiettivi ben precisi. In questo quadro i piloti sono gli attori protagonisti in pista, quelli che rischiano anche la pelle, ma che fanno parte di un business a cui non possono sottrarsi. Bisognerebbe fare un passo indietro, altrimenti i piloti potrebbero finire sempre più per ritrovarsi con delle briciole, rispetto ai soldi investiti per arrivare in alto. Per alcune famiglie, spesso, tutto si traduce alla fine in una montagna di debiti. La posta in gioco è alta e, di conseguenza, anche sui ragazzi ricade una pressione fortissima. Per un campione che si afferma in MotoGP, ve ne sono tantissimi altri che non riescono ad emergere e sono costretti a giocarsi tutte le chance in pochissimi anni, a costo di rimetterci tutto.