La Ferrari continua a non vincere e tra i motivi c’è un aspetto fondamentale della F1 moderna. Ecco qual è il guaio che si ripete da anni.
Dopo anni di umiliazioni, la Ferrari era stata brava a presentarsi al via della stagione 2022 con la monoposto migliore del lotto, che con Charles Leclerc si era imposta nelle prime prove in Bahrain ed in Australia, riuscendo ad allungare in classifica su Max Verstappen e la Red Bull, ovvero i rivali più temuti vista la crisi della Mercedes.
Il Cavallino, dopo l’illusione iniziale, ha subito il solito tracollo a causa degli sviluppi poco efficaci, anche se quest’anno ci hanno messo del loro anche i piloti, le strategie ed i problemi di affidabilità. La Rossa, dopo i guasti al propulsore, ha iniziato a soffrire di un degrado delle gomme molto accentuato, probabilmente legato ad assetti troppo scarichi.
In casa Ferrari, tuttavia, la questione sviluppi è ormai un dramma dal 2009 a questa parte, e la situazione non è affatto migliorata nonostante le parole di Mattia Binotto ad inizio stagione, che parlava di un grande passo in avanti da questo punto di vista. Ora andremo ad analizzare proprio questo aspetto, che in passato è costato anche diversi titoli mondiali alla Scuderia modenese.
Uno dei grossi problemi della Ferrari di oggi ha origini molto lontane. Tralasciando per un attimo gli errori di strategia ed i guai legati all’affidabilità e concentrandoci sull’aspetto tecnico, emerge una grande lacuna sul fronte degli sviluppi. Il Cavallino ha rappresentato il top della F1 dalla fine degli anni Novanta al 2008, escludendo il 2005 che fu una stagione disgraziata a causa dei regolamenti sulle gomme, che penalizzavano le Bridgestone.
Nel 2009, il Circus cambiò del tutto la propria identità con una rivoluzione aerodinamica, che lanciò la Brawn GP al titolo mondiale con Jenson Button, mentre la Red Bull si affacciò nel mondo dei top team grazie al genio di Adrian Newey. Quell’annata fu un calvario per la Scuderia modenese, che vinse solo in Belgio con Kimi Raikkonen, ed anche la McLaren perse lo scettro di contentendente per la sfida iridata.
La Ferrari si presentò al via con una monoposto scadente, che riuscì a crescere dopo le prime gare extra-europee ottenendo qualche podio ed un successo, per poi crollare sul finale di stagione. Questa tendenza si è poi ripetuta anche nel futuro immediato, a cominciare dagli anni di Fernando Alonso.
Lo spagnolo arrivò a giocarsi due titoli, sia quello del 2010 che del 2012, grazie ad un talento fuori dal comune, dal momento che la sua Rossa era nettamente inferiore alla Red Bull di Sebastian Vettel, l’uomo che portò poi a casa ben quattro mondiali, due dei quali proprio all’ultima gara contro lo spagnolo.
Nel 2012 in particolare, il Cavallino riuscì a competere a lungo per il titolo, ma dopo Monza gli upgrade non furono più efficaci, consentendo alla Red Bull di riguadagnare quella superiorità smarrita nel corso della stagione. Questo consentì a Vettel di rimontare un grande distacco in classifica, sino a laurearsi campione del mondo nel finale di Interlagos.
Anche il 2013 partì sotto i migliori auspici, con due vittorie ottenute da Alonso in Cina ed in Spagna, salvo poi crollare del tutto dalle prime gare europee in poi. Gli aggiornamenti non funzionarono, ed il Cavallino chiuse il mondiale costruttori alle spalle anche della Mercedes.
Nel corso dell’era ibrida, la mancanza di sviluppi o l’enefficienza degli stessi sono costati due titoli mondiali, nel biennio 2017-2018, quando Vettel aveva condotto la maggior parte della stagione davanti alla freccia d’argento di Lewis Hamilton. Una delle risposte che possiamo trovare è legata alla mancanza dei test in pista.
Negli anni d’oro dell’epoca di Michael Schumacher, il Cavallino poteva contare su una squadra test davvero eccezionale, che le consentiva di recuperare il gap dalla concorrenza grazie a vagonate di chilometri sulle piste del Mugello, di Fiorano o di Imola, lasciando attoniti i rivali.
Anche sul fronte del simulatore e della galleria del vento il team italiano paga dazio rispetto a Red Bull e Mercedes, con un grande problema che è sempre stato presente in merito alla correlazione dei dati con la pista. Questa tendenza, purtroppo, si è confermata anche nel 2022, con il team di Milton Keynes che ha fatto una differenza impressionante dal Belgio in poi.
La Rossa, dal 2009 in poi, non ha mai vinto più di 2-3 gare nella seconda parte di stagione, dilapidando in molti casi il vantaggio su rivali accumulato nella prima fetta di campionato. Se a tutto ciò si aggiungono i guasti tecnici e gli errori di strategia e dei piloti, il mondiale resterà un miraggio ancora per anni.
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