Giusto un decennio e un lustro fa Raikkonen regalava l’ultimo sorriso alla Ferrari tra i piloti. Ma quando finirà l’attesa per il ritorno in vetta?
L’inverno scorso aveva illuso tutti, facendo credere ai sostenitori della Ferrari che il lungo digiuno si sarebbe spezzato grazie ad una F1-75 ad effetto suolo finalmente competitiva. Ed invece già dopo poche corse dal via della stagione, ci si è resi conto che ci sarebbe stato ancora da penare.
E’ brutale da dirsi. E forse pure da credersi. Ma il Cavallino si sta avvicinando a passo spedito al periodo di assenza dalla prima posizione che dividerà il titolo di Jody Scheckter del 1979 da quello di Michael Schumacher del 2000. Un vero e proprio ponte tra ere geologiche differenti dell’automobilismo.
Era infatti il 21 ottobre 2007 quando Kimi Raikkonen vinceva il GP del Brasile diventando l’erede del Kaiser di Kerpen, dopo appena un paio di stagioni targate Renault e Alonso. Un sigillo iridato guadagnato per un punto sulla coppia McLaren formata dell’allora debuttante Lewis Hamilton e dall’affermato Samurai, guardato da un lato con speranza e dall’altro con scetticismo.
Furono in molti in quel frangente a non credere, e ne avevano ben donde, che per la Rossa sarebbe stato un nuovo inizio. Tanto che alcuni sostennero che il risultato del finlandese era nato soltanto da un colpo di fortuna. O meglio alla lotta interna al team di Woking. Ham e Alo, infatti, non si sopportavano, e per tutto il campionato si fecero dispetti e schermaglie, utili, ovviamente, alle scuderie avversarie.
Come detto, i dubbiosi, ci avevano visto giusto. Il 2008 la coppa conduttori andrà all’asso di Stevenage, antipasto delle sue sette perle. Mentre tra i costruttori, arriverà l’ultimo lampo di Maranello prima di un saliscendi degno di una montagna russa.
Come sembrano lontani quei momenti! Chiudendo gli occhi si rivede in un barlume un Iceman giovanissimo coccolato da Jean Todt vestito di rosso, mentre bevono champagne dalla posizione più ambita del podio e vengono investiti da una marea di coriandoli argentei. Emozioni indimenticabili, ma in egual misura, sbiadite dal tempo e dai fatti.
Il driver di Espoo si è ormai ritirato. Il manager francese dopo due mandati nelle vesti di presidente della FIA ha lasciato. Interlagos non è più l’ultimo round del calendario. Lo schieramento non è più composto dalle stesse squadre. E pure tra i corridori si è verificato un cambio generazionale degno di nota.
Dopo un’epoca Red Bull, una Mercedes e forse ora di nuovo un’altra energetica, l’auspicio, per i sostenitori del sogno tramutato in realtà dal Drake e per lo sport in generale, è che torni presto ad essere il turno del Cavallino.
La strada ad oggi pare piuttosto in salita. Per molteplici ragioni. Charles Leclerc e Carlos Sainz nel tentativo di spremere al massimo il mezzo a disposizione sbagliano spesso. Il muretto di sovente pasticcia con la strategia, danneggiando i suoi ragazzi, e anche i pit stop non sono quelli flash dell’era buona.
La sensazione è che prima di potersi riprendere l’apice della massima categoria a ruote scoperte, l’equipe modenese debba fare un reset. Partire zero per costruire un futuro solido e di successo.
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