La scomparsa del patron del marchio Red Bull Mateschitz in corrispondenza del weekend della F1 ad Austin, fa sorgere parecchi dubbi sul futuro.
Cosa ne sarà della Red Bull F1? Questa domanda circola già da qualche settimana. Addirittura da prima che la scuderia austriaca dicesse no a Porsche per un’unione che pareva scontata. Questo perché già si era a conoscenza delle precarie condizioni di salute del padrone del brand di bevande Dietrich Mateschitz.
Allora si disse che l’imprenditore, sapendo di non avere molto tempo davanti a sé, era interessato a cedere i due team in suo possesso, quello che schiera Verstappen e Perez, e l’Alpha Tauri.
Queste chiacchiere, però, si sciolsero come neve al sole, visto che uniti il boss Christian Horner e il consulente Helmut Marko, risposero picche alla proposta del costruttore tedesco di entrare al 50% nella scuderia e di occuparsi delle scelte tecniche e di formazione, in quanto co-proprietaria.
Il pericolo, o magari per qualcuno, la speranza di vedere sparire il nome di una bibita a favore di una grossa Casa automobilistica, fu quindi scongiurato. Anzi, fu addirittura spazzato via dalle dichiarazioni della premiata ditta che gestisce la compagine.
Non solo la squadra come la vediamo oggi continuerà ad esistere fino al 2026, anno della rivoluzione dei motori, e oltre. Ma altresì acquisirà ancor di più indipendenza, diventando produttrice della propria power unit.
Se al momento a Milton Keynes lavorano sui propulsori prodotti a Sakura dalla Honda, sua ex fornitrice. Per il futuro l’obiettivo è l’autarchia. Qualcosa di mai visto finora. Per mai nella storia delle quattro ruote si è mai assistito alla trasformazione di un’azienda che si occupa di generi alimentari, in motorista.
Con uno staff tecnico tanto abile e di esperienza, a cui si sono innestate figure specifiche di provenienza soprattutto Mercedes, l’impresa potrebbe non essere poi così tanto complessa. Ma qua sorge un interrogativo.
Morte Mateschitz, chi verrà dopo di lui?
Il successore del patron, sarà qualcuno già interno al board aziendale? Oppure verrà chiamato qualcuno dall’esterno.
A caldo, ed esternamente, l’unico nome che ci azzardiamo a fare, è quello di Scott Bradfield. Entrato nella compagnia nel 2006 è attualmente senior vice-presidente. Di conseguenza si tratta dell’uomo più vicino al fondatore e più a conoscenza dei suoi piani strategici e delle sue ambizioni.
Non va dimenticato che il 78enne è stata una figura molto presente nel suo quartier generale. Al contrario amava poco spostarsi sui luoghi delle sue mille sponsorizzazioni nello sport. Nella fattispecie, in F1 si faceva soltanto vedere al Red Bull Ring.
Un punto di domanda che riguarda chi prenderà in mano il patrimonio lasciato, è se avrà la voglia di proseguire il legame con il costoso motorsport. Proprio per l’impegno massivo che Horner e Marko avrebbero previsto, le risorse necessarie sono parecchie.
Non è detto, quindi, che il futuro capo abbia l’interesse di versare nelle casse del team tanto denaro. Certo, la pubblicità che si ottiene in cambio di tale sacrificio è molta e di qualità. Ma come si può notare in altre categorie, dal WEC, al WRC, per finire alle serie turismo. A causa della crisi economica globale, vi sono più uscite, che ingressi e permanenze.