A poche ore dal via delle prime prove libere del Messico si chiude la vicenda violazione del budget cap da parte della Red Bull.
Dopo quasi un mese di discussioni, polemiche e lettere inviate ad indirizzo della FIA, cala il sipario sulla questione del tetto di spesa infranto dalla scuderia energetica. Alla vigilia del GP di Città del Messico, l’ente governativo si è deciso a rendere nota l’entità della violazione da parte della Red Bull, ovvero 1,8 milioni di sterline, come già da diversi giorni anticipato dal nostro sito. Ma soprattutto ha ufficializzato la punizione.
Per il dispiacere di molti non è arrivata la squalifica. Motivo per cui il titolo 2021 resterà nelle mani di Max Verstappen. Così come non sono stati azzerati i punti nella generale costruttori, confermando la seconda piazza alle spalle della Mercedes.
L’affaire budget cap si è esaurito con una multa pari a 7 milioni di dollari e un taglio del 10% al monte ore a disposizione in galleria del vento.
Ciò significa che gli austriaci potranno godere di 1260 anziché di 1400. Bazzecole considerata la forza della RB18.
La Federazione avrebbe deciso per un approccio clemente, per via della natura del peccato. Infatti sarebbero stati commessi ben 13 errori procedurali. E questi avrebbero portato a non includere nel limite, costi che invece avrebbero dovuto farne parte. Tra questi, a quanto pare, il catering.
Budget cap Red Bull: il caso è chiuso
Ancora una volta i federali archiviano una questione “piccante” e spinosa a tarallucci e vino o quasi. Considerati gli introiti della compagnia certe somme sono niente. E pure il tempo in meno nella wind-tunnel non costituirà un problema per il team dominatore del 2022, considerato che gli sviluppi ammessi sulle auto dal prossimo anno saranno minimi.
Alla luce della sentenza c’è da attendersi che da qui a domenica il paddock si infiammerà di voci contro. A partire da Toto Wolff. Il boss della Mercedes è stato colui che a Singapore, fece diventare un’indiscrezione, un’asserzione di patrimonio comune. E fu lui stesso il primo a chiedere una pena severissima.
Subito tutto si erano aggregati i dirigenti Ferrari. Gridando al furto Mattia Binotto e Laurent Mekies avevano pregato gli alti uffici di essere intransigenti.
E cosa dire del CEO della McLaren Zak Bown che, interessato a vedere la sua scuderia diventare terza assoluta del campionato passato, aveva, tramite missiva, suggerito alla FIA come intervenire.
In ultimo, e questa è storia recente, si sono mosse Alfa Romeo e Haas. La prima con la richiesta del pugno di ferro. La seconda sollecitando una fine rapida della querelle, in quanto lesiva per lo sport.
Tanti i quesiti che sorgono dopo una penalizzazione che pare una carezza. Tra questi, come mai con la Rossa non venne usata questa clemenza quando venne accusata di aver imbrogliato nel 2019 dopando (?) il motore della SF90. Per quello svarione al Cavallino furono “tagliate le zampe” e per due stagioni si trovò a lottare per posizioni ben lontane da quelle a cui era abituata. Una situazione che difficilmente vivrà la squadra fondata dal compianto Dietrich Mateschitz.