La Ferrari è in caduta libera ed in Messico si è registrata la peggior gara dell’anno. Viaggio in una crisi che sembra non avere fine.
Il 2022 sarebbe dovuto essere l’anno della svolta, quello del ritorno al mondiale dopo stagioni di delusioni, e spesso anche di umiliazioni. Per la Ferrari, invece, la prima annata della nuova era della F1 con il ritorno delle monoposto ad effetto suolo si è trasformata nelle papabile fine di questa gestione, che da diverso tempo combina disastri, ma sulla quale nessuno è mai intervenuto.
Mattia Binotto, subito dopo le qualifiche, ha parlato dell’illegalità della Red Bull relativamente alla questione Budget Cap, senza dare importanza ad un dettaglio non così marginale: la Mercedes, che sino a qualche mese fa prendeva un secondo dalla Rossa, è ora nettamente superiore al Cavallino, con Lewis Hamilton che ha chiuso secondo a Città del Messico con oltre 40 secondi di vantaggio su Carlos Sainz.
Lo spagnolo si è beccato un minuto da Max Verstappen, con Charles Leclerc ancora più distante, ed accreditato di un distacco medio sul tempo sul giro di circa un secondo per ogni tornata. Un qualcosa di imbarazzante, che certifica il fallimento della gestione Binotto, ma anche di tutto lo staff tecnico.
Tutto ciò è un vero peccato, perché fino a metà stagione avevamo elogiato il lavoro di Enrico Cardile e dei suoi uomini, che come al solito sono però crollati nell’ultima parte del campionato. Le gare conclusive, da ormai troppi anni, assomigliano ad una triste Via Crucis per la Scuderia modenese, e chi giustifica il calo prestazionale con la TD39 difendendo l’operato dei tecnici commette un errore enorme.
Infatti, alla direttiva tecnica introdotta in Belgio nessuno si è opposto: come nel caso dell’accordo segreto che ha castrato la power unit nell’ultimo biennio, Binotto, ma anche John Elkann (chi l’ha visto?) hanno piegato la testa, senza fiatare, con il team principal che continua a non dare alcuna colpa alla modifica regolamentare, quasi come se tutto andasse bene così.
Un’umiliazione troppo grande per i tifosi, che da anni soffronto ma continuano a sostenere questa squadra, ormai al collasso. Binotto ha terminato l’opera di distruzione iniziata con Stefano Domenicali e proseguita sotto Maurizio Arrivabene, che quantomeno, sotto la guida di Sergio Marchionne, aveva riportato il Cavallino a livelli di competitività accettabili dopo anni bui.
Da quando l’ingegnere di Losanna ha preso il comando della Gestione Sportiva, sono arrivate la miseria di 7 vittorie in 4 anni, un bottino disastroso, con il passo gara e la gestione gomme che sono un problema cronico da anni, assieme a quello degli sviluppi. Ora è arrivato il momento di analizzare chiaramente ciò che sta succedendo.
La Ferrari ha corso a Città del Messico con motori poco spinti, per evitare di incappare in un’altra rottura. Carlos Sainz ha sostituito la power unit per l’ultima volta a Monza, eppure è sempre stato superiore a Charles Leclerc, che ha montato il nuovo propulsore termico ed il turbo giusto la scorsa settimana ad Austin.
Tuttavia, ciò non spiega quello che è accaduto in questo fine settimana, dal momento che anche negli altri settori della pista, la Rossa prendeva paga da Red Bull e Mercedes. In qualifica, Carlitos ha fatto segnare il secondo miglior ultimo settore dopo Max Verstappen, segno di un telaio comunque ben funzionante, almeno sul giro secco.
Purtroppo, gran parte del gap veniva accusato nel primo e nel secondo tratto, con Leclerc sempre impegnato a lottare con una vettura che non faceva ciò che lui voleva. Questo è sintomo di una monoposto mal equilibrata, che ormai ha smesso di obbedire ai comandi del suo signore, che ad inizio anno la guidava da Dio.
In gara è avvenuto il solito tracollo, con le Ferrari che sin dai primi giri accusavano distacchi siderali. Inquietante quello che si è visto alla fine del primo stint, con l’Alpine di Fernando Alonso che si era avvicinata notevolmente a Leclerc, recuperando un secondo al giro grazie ad una gomma Media più performante rispetto alle Soft montate dal monegasco.
La Mercedes, zitta zitta, ha recuperato altri punti, portandosi a -40 dalla seconda posizione nel mondiale costruttori. Questo gap, considerando che mancano solo due gare al termine, potrebbe sembrare sicuro, ma visto che in Brasile si correrà anche una Sprint Race c’è poco da stare allegri.
Apparentemente, a tutto questo non ci sono soluzioni. La Scuderia modenese è in clamoroso ritardo a livello sospensivo, ed alcune indiscrezioni parlano di un impianto del tutto nuovo che arriverà nel 2023. Il problema è che per quella data, Red Bull e Mercedes saranno progredite ulteriormente, a conferma di una superiorità tecnologia ormai marcata.
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