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Formula 1

F1, cosa significa fare un undercut? Ecco come stanno le cose

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Giovanni Messi

La F1 moderna ha portato alla nascita di un gergo tecnico del tutto nuovo. Oggi vi parleremo del significato del termine undercut.

Il mondo della F1 ha conosciuto una profonda evoluzione negli ultimi decenni, che l’hanno probabilmente snaturata rispetto a quella a cui i più grandi appassionati erano abituati. Dopo l’era Ferrari ed i successi di Fernando Alonso e Kimi Raikkonen, il Circus ha iniziato ad imboccare una direzione del tutto diversa nel 2009, presentando un regolamento tecnico che ha segnato la fine del predominio della Rossa e della McLaren.

F1 undercut (ANSA)

Con l’eliminazione di molte appendici aerodinamiche e l’introduzione delle gomme slick (oltre che il debutto del KERS su alcune vetture), vennero lanciate in orbita la Red Bull e la Brawn GP, con il team di Milton Keynes che non avrebbe mai più abbandonato il ruolo di top team da quel momento in avanti.

Altri grandi novità arrivarono tra il 2010 ed il 2011: nel primo dei due anni citati sparirono i rifornimenti, introdotti nel lontano 1994, ed i pit-stop divennero molto più rapidi. Per fare un rabbocco medio di carburante occorrevano circa 7-8 secondi, ma i tempi si accorciarono a causa dell’addio al famoso bocchettone, portando le squadre a studiare delle pistole ben più funzionali, che potessero accorciare i tempi di cambio gomme.

Con un’evoluzione impressionante, i meccanici di F1 sono arrivati a sostituire gli pneumatici in circa 2 secondi, ed il record assoluto appartiene alla Red Bull, che nel vittorioso Gran Premio del Brasile del 2019 effettuò il pit-stop a Max Verstappen in 1,9 secondi, contribuendo alla sua splendida affermazione di quel giorno.

I “bibitari” sono sicuramente i migliori nelle fasi di cambio gomma, coloro che hanno interpretato al meglio le nuove direttive imposte dall’addio ai rifornimenti. Nel 2011, assieme al DRS, fecero il proprio esordio anche le gomme Pirelli, che sostituirono le Bridgestone, grandi alleate nei trionfi della Ferrari di Michael Schumacher.

Su richiesta della FIA, vogliosa di regalare più gare spettacolari, il costruttore milanese puntò su un prodotto differente rispetto ai rivali giapponesi, realizzando coperture ben più morbidi e con un degrado nettamente più accentuato. Ciò ha spostato, forse in maniera eccessiva, la sfida tra le squadre nel gestire al meglio gli pneumatici, che ormai sono un aspetto imprescindibile.

Come stiamo vedendo quest’anno, non serve più avere la macchina migliore in prestazione pura. La Ferrari ha fatto segnare una miriade di pole position, ma in gara si è quasi sempre dovuta piegare alla Red Bull a causa di una cattiva amministrazione delle varie mescole. Oggi andremo a parlare proprio del discorso gomme, o meglio, di un qualcosa legato al pit-stop ed all’utilizzo delle Pirelli odierne.

F1, ecco cos’è l’undercut ed in cosa consiste

La F1 e la Pirelli si unirono nel 2011, e proprio in quell’occasione si iniziò a sentire la parola undercut. Sicuramente, vi sarete chiesti qual è il suo significato specifico, ed il verbo, tradotto in italiano, significa “colpire dal basso“, quasi ad indicare un qualcosa che viene adottato per sorprendere i rivali.

Effettivamente, la traduzione calza a pennello, dal momento che questa tattica viene adottata da chi insegue per cercare di balzare davanti. Infatti, quando i piloti si avvicinano al cambio gomme, gli viene intimato di spingere per creare un gap su coloro che sono alle loro spalle, per evitare che una sosta anticipata possa fargli perdere la posizione.

Con le gomme Pirelli conviene infatti anticipare la sosta, dal momento che con il cambio gomme vengono montate delle coperture molto più performanti, ed a volte basta un solo giro di anticipo per guadagnare la posizione su chi è davanti. Nel corso di questo decennio abbiamo visto tante gare decidersi grazie a questa strategia, come lo scorso anno ad Austin, quando Max Verstappen beffò Lewis Hamilton proprio grazie ad un pit fatto con un giro di anticipo sul rivale.

La F1 è effettivamente cambiata in ogni suo livello di analisi, dal momento che ai tempi dei rifornimento era tutto il contrario. Chi imbarcava più benzina aveva la possibilità di allungare lo stint, potendo esprimere il massimo del proprio potenziale quando i serbatoi erano quasi scarichi. Con Bridgestone e Michelin, tranne che in qualche rara occasione, le gomme avevano un degrado irrisorio, che permetteva ai piloti di spingere al massimo per tantissimi giri.

Il Circus è ora uno sport differente da quello che conoscevamo, che in nome della spettacolarizzazione ha compromesso alcuni suoi aspetti canonici. La Pirelli, seguendo le direttive della FIA, ha creato delle gomme che vanno facilmente in difficoltà, e che molti fanno fatica a gestire. La speranza è che in futuro si pensi a qualche modifica tecnica, per tornare a godere della vera velocità di vetture e piloti, senza doverli seguire mentre gestiscono le gomme.

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Giovanni Messi
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