Marko dal cuore di ghiaccio: così mette in riga i genitori dei piloti

Il talent scout Red Bull Marko si apre raccontando i segreti del suo lavoro. E ammette di essere a volte spietato con i piloti e la famiglie.

Il suo ruolo di deus ex machina del gruppo Red Bull in F1, Helmut Marko lo ha finora svolto alla grande. Ha scoperto grandi piloti, ha dato l’opportunità ad ottimi mestieranti di emergere e bocciato senza troppi giri di parole coloro che a suo avviso non avevano un granché da dare. Per alcuni è finora stato un dirigente con i fiocchi. Per altri, un rovina carriere. A ciascuno la sua opinione. Di sicuro, è un personaggio che fa discutere.

Helmut Marko (LaPresse Foto)
Helmut Marko (LaPresse Foto)

Pungente, a tratti polemico e severo, l’austriaco ha fondamentalmente coccolato soltanto due corridori tra tutti quelli passati dal suo vivaio: Sebastian Vettel e Max Verstappen. Gli altri li ha sopportati. A volte umiliandoli pubblicamente, come fu nel caso di Carlos Sainz in epoca Toro Rosso, quando un giorno sottolineò davanti ai media quanto stesse sborsando per il suo “mantenimento”, con l’intento ovviamente di mettergli pressione.

Nulla di illecito o di deprecabile. Solamente strategie per cercare di tirare fuori il massimo dal proprio assistito. Ma ovviamente certe tecniche possono fare male psicologicamente al driver di turno.

Lo sa bene Pierre Gasly, promosso nel main team nel 2019, quindi dopo l’estate rimandato in Alpha Tauri, e lì lasciato, nonostante con la piccola squadra di Faenza fosse stato in grado di far vedere belle cose, compreso un incredibile successo a Monza nel 2020. Alla fine, stanco di aspettare una seconda chance il francese ha firmato un contratto con l’Alpine per il 2023.

Marko svela il suo mondo di cacciatore di talenti

Consapevole di questa sua fama di personaggio freddo e distaccato che fa e disfa ragazzi e professionisti, il 79enne ha spiegato il motivo per cui ha dovuto adottare questa maschera.

I piloti cercano sempre scuse quando non vincono: il motore, le gomme, il telaio e così via“, ha affermato a Road and Track.

Questa continua caccia alle giustificazioni, però, fa più danni che utilità. “Molti di questi giovani sono supportati da famiglie disposte a sborsare cifre enormi, magari anche superiori di quelle che possiedono, pur di esaudire i loro desideri. E’ quindi mio dovere essere diretto e dire loro quando è meglio cambiare direzione e smettere di sprecare soldi”, ha spiegato.

A questo proposito il manager di Graz ha in più di un’occasione dimostrato di non temere la durezza. Basti vedere cosa è successo di recente con Yuki Tsunoda, da lui definito “un bambino problematico”, per quel suo carattere fumantino che spesso lo porta a rivolgersi in maniera brutale ai suoi meccanici.

Sordo alle critiche, ha poi aggiunto che pungolare in questa maniera i talenti emergenti è formativo e non denigratorio o distruttivo come credono in molti. “Se non si è in grado di accettare il biasimo, è meglio cambiare lavoro“.

Da parte sua nessun pentimento neppure per il ritornello ripetuto a chi correre per il marchio, che Mad Max viaggia su un altro pianeta. “E’ giusto riconoscere che c’è qualcuno di speciale, che non è facile da battere. Non ci vedo nella di crudele nel far aprire gli occhi alle persone. Sicuramente essere il vicino di box dell’olandese non è una passeggiata“, ha chiosato elogiando in un certo senso il suo storico pupillo.

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