Ayrton Senna è stato un’icona, un mito ed un campione assoluto della F1. Ecco come avvenne la sua tragica fine tanto tempo fa.
La F1 è uno sport fatto di miti, ed uno di questi è sicuramente Ayrton Senna Da Silva, il tre volte campione del mondo brasiliano nato a San Paolo il 21 marzo del 1960. La sua carriera è stata un’ascesa continua, fatta di vittorie e di duelli leggendari, con battaglie sul filo del rasoio contro Alain Prost, Nigel Mansell, Michael Schumacher e tanti altri, i quali hanno contribuito a forgiare la sua figura mitologica.
Ayrton è anche un ragazzo che ha avuto un destino tragico, che ce lo portò via troppo presto tanti anni fa. La sua carriera lo portò al debuttò in F1 nel 1984, al volante della piccola Toleman, che riuscì ad assicurarsi quel talento di cui tutti parlavano all’epoca, prima che diventasse famoso e vincente entrando nella storia della massima serie automobilistica.
Senna passò poi alla Lotus, squadra con la quale ottenne le prime vittorie, facendosi notare da Ron Dennis, il quale lo condusse alla McLaren-Honda nel 1988. Come vicino di box, Ayrton trovò un certo Prost, già due volte campione del mondo e leader indiscusso del team di Woking sino a quel momento.
Il brasiliano non ci mise molto a prendersi la scena, ed in un leggendario Gran Premio del Giappone portò a casa il titolo mondiale con una gara di anticipo. Come al solito, Ayrton aveva fatto segnare la pole position, ma una brutta partenza lo relegò indietro, lasciando il francese davanti a tutti.
Ayrton riuscì a recuperare con foga e determinazione, inventandosi un sorpasso da cineteca sul rettilineo di Suzuka. Quel giorno, dopo anni di promesse, nacque la stella del campione brasiliano. I duelli con Prost si ripeterono anche nel biennio successivo, con il transalpino iridato nel 1989, ma poi sconfitto dopo la carambola del primo giro nel 1990, quando era però passato al volante della Ferrari.
Nel 1991, il brasiliano dovette fronteggiare Mansell e la crescente Williams-Renault, che sotto l’estro tecnico di Adrian Newey aveva colmato il gap tecnico dalla McLaren. Il campione in carica riuscì però a confermarsi tale sempre a Suzuka, ma l’anno seguente non poté più nulla contro la squadra di Sir Frank.
Mansell gli strappò il trono di re del Circus, cedendo poi la corona a Prost nel 1993. Ayrton riuscì ad ottenere la Williams soltanto nel 1994, in corrispondenza di un cambio regolamentare che vietò le sospensioni attive, cancellando il vantaggio tecnico acquisito dal team di Grove.
Sulla scena, nelle prime gare dell’anno, si affacciò Schumacher con la Benetton, che andò a vincere in Brasile, giusto a casa del tre volte campione del mondo, e ad Aida, nel Gran Premio del Pacifico, mentre il rivale della Williams incappò in due ritiri. Tutti si attendevano la riscossa ad Imola, ma quanto accadde rientrò nel week-end più nero della storia di questa categoria.
Il Gran premio di San Marino del 1994 segnò la fine per Ayrton Senna, che scomparve il primo maggio di quell’anno sul tracciato di Imola. Il giorno prima era toccato a Roland Ratzenberger, che si schiantò con la sua Simtek a 314 km/h contro il muretto della Curva Villeneuve a causa del cedimento dell’ala anteriore, la quale si era infilata sotto le ruote impedendo al pilota austriaco di curvare.
All’epoca, il circuito di Imola era ben diverso da quello di oggi, e si andava in pieno dall’uscita della Variante Bassa sino al tornante della Tosa, per ben oltre venti secondi. A seguito dei tragici fatti di quei giorni, vennero inserite due Chicane, una al Tamburello ed una poche centinaia di metri dopo alla Villeneuve.
Senna rimase profondamente scosso dalla morte di Ratzenberger, ma volle comunque prendere parte alla corsa. Prima dell’incidente mortale dell’austriaco, Ayrton aveva fatto segnare la pole position, la 65esima ed ultima della sua carriera. Il pilota della Williams condusse i primi giri della gara, con la voglia di vincerla per sventolare la bandiera austriaca che aveva posto all’interno della sua abitacolo, con la volontà di onorare lo sfortunato collega.
Purtroppo, al settimo giro di quel maledetto Gran Premio di San Marino, Ayrton si ritrovò al volante di una vettura che non rispose ai suoi comandi e che volò contro il muretto del Tamburello, disintegrandosi sul lato sinistro. Un giunto della sospensione si infilo tra visiera e casco, sfondando il cranio del tre volte campione del mondo, il quale non riprese mai più conoscenza. Trasferito d’urgenza all’Ospedale Maggiore di Bologna, l’amatissimo brasiliano spirò attorno alle 18:40. La sua avventura si fermò in quel momento, diventando, a tutti gli effetti, una leggenda.
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