La Ferrari ha deciso di puntare su diversi team principal italiani nella storia, ma la mossa non paga più. La statistica è drammatica.
In casa Ferrari si fa sempre più largo l’idea di un’ennesima rivoluzione, che potrebbe portare Frederic Vasseur a dirigere la Scuderia modenese nel ruolo di team principal. Leo Turrini, nelle ultime ore, ha chiaramente detto che l’era di Mattia Binotto a Maranello è terminata, ma non è chiaro quello che sarà il suo destino.
L’ingegnere di Losanna potrebbe comunque proseguire a lavorare come ingegnere, ma la sensazione è che di questa storia se ne parlerà per tutto l’inverno. Nel pomeriggio di martedì scorso, il Cavallino ha smentito tutto con un comunicato ufficiale, che in questi casi, tuttavia, conta ben poco.
Assieme a Binotto dovrebbero lasciare la Ferrari anche Laurent Mekies, direttore sportivo a Maranello da diversi anni, ed anche lo stratega Inaki Rueda, uno dei tanti motivi delle figuracce rimediate in queste ultime stagioni. Se Binotto dovesse lasciare, sempre in base alle parole di Turrini, potrebbe fare il proprio ritorno Simone Resta, capo progettista delle monoposto del 2017 e del 2018 che consentirono a Sebastian Vettel di lottare a lungo per il mondiale contro la Mercedes di Lewis Hamilton.
L’arrivo di un francese come Vasseur riporterebbe uno straniero alla guida della Scuderia modenese per la prima volta dopo 16 anni, dai tempi di Jean Todt, connazionale dell’attuale team principal dell’Alfa Romeo Racing. A questo punto, si può affermare che le gestioni italiane siano state un fallimento, che hanno prodotto scarsi risultati e tante umiliazioni.
Ferrari, ecco tutti i fallimenti delle gestioni Made in Italy
Se ci soffermiamo per un attimo sull’epoca recente della F1, scopriremo come in Ferrari ci siano stati solo team principal italiani dal 2008 ad oggi. Prima di Stefano Domenicali, il ruolo del boss della Scuderia modenese appartenne a Jean Todt per quasi un decennio e mezzo, considerando il suo arrivo a Maranello a metà del 1993.
Il futuro presidente della FIA si ritrovò tra le mani una Rossa devastata, che da tantissimo tempo non festeggiava un mondiale e da oltre due anni una vittoria di tappa. Man mano, Todt riuscì nella ricostruzione, portando a vestirsi di rosso Michael Schumacher, ma anche tanti suoi collaboratori alla Benetton come Ross Brawn, una delle menti geniali dei successi futuri.
Già dal 1997, secondo anno del Kaiser di Kerpen a Maranello e quinto di Todt, il mondiale venne sfiorato, con il primo costruttori che fu festeggiato nel 1999, aprendo un’era che sarebbe entrata nella storia. Alla fine del 2006, Brawn lasciò la Ferrari, cosa poi fatta anche da Todt l’anno seguente, dopo il mondiale piloti portato a casa con Kimi Raikkonen nel 2007.
Da quel momento in poi, Domenicali assunse il comando, portando a casa il titolo costruttori del 2008 ma perdendo quello piloti con Felipe Massa, a seguito di una serie di errori e problemi di affidabilità che compromisero la superiorità della Rossa a vantaggio della McLaren-Mercedes di Lewis Hamilton.
Da quel momento in poi, il Cavallino entrò in crisi, a causa dei nuovi regolamenti tecnici arrivati nel 2009 che lanciarono in orbita prima la Brawn GP e poi la Red Bull. Grazie allo strepitoso talento di Fernando Alonso, la Rossa arrivò a sfiorare due mondiali nel 2010 e nel 2012, ma entrambi vennero vinti da Sebastian Vettel.
Dopo un 2013 da incubo ed un inizio di 2014 ancor peggiore, a Domenicali venne dato il benservito, e fu sostituito fino a fine anno dal “traghettatore” Marco Mattiacci. Nel 2015 iniziò l’era di Maurizio Arrivabene sotto la guida di Sergio Marchionne, ma a parte due annate più positive come il 2017 ed il 2018 in cui comunque non arrivò il titolo, le soddisfazioni non furono poi così troppe.
Tutto ciò costò il posto anche ad Arrivabene, che cedette il proprio posto a Mattia Binotto, il quale si ritrova, a sua volta, sulla graticola. Se guardiamo al passato, anche le gestioni di Cesare Fiorio tra il 1989 ed il 1991, Claudio Lombardi e Sante Ghedini tra 1992 e 1993 non produssero i risultati sperati. L’ultimo team principal italiano a vincere qualche titolo, seppur naturalizzato monegasco, fu Marco Piccinini, al ponte di comando dal 1978 al 1988 con al fianco, per buona parte del suo fianco, il compianto Mauro Forghieri.
Assieme all’ingegnere recentemente scomparso, vinse moltissimo anche Luca Cordero di Montezemolo ai tempi di Niki Lauda, ma stiamo parlando di un’epoca lontanissima, che non fa altro che farci rimpiangere i bei tempi andati. A Maranello, ai giorni nostri, regna soltanto confusione, e l’unica cosa che avviene di continuo sono le rivoluzioni, con le teste dei top manager che vengono “ghigliottinate” di continuo. Di questo passo, il digiuno mondiale durerà ancora a lungo.