Le tensioni tra i due piloti Red Bull in Brasile hanno fatto esplodere il paddock. Tanti, a sorpresa, i critici nei confronti di Perez.
Il 2022 della F1 si è concluso con la Ferrari seconda e Charles Leclerc nella medesima posizione tra i piloti. Ciò significa che quanto avvenuto in Brasile tra i due portacolori Red Bull, ha avuto un peso. Perché, forse, se Verstappen avesse accettato di cedere al compagno la sesta piazza ad Interlagos, le cose sarebbero sarebbero andate diversamente.
Senno del poi, a parte, malgrado una seconda parte di campionato più convincente rispetto a quella del monegasco, Perez non è riuscito a superare il rivale e si è dovuto accontentare del terzo posto.
All’apparenza sereno dopo la sconfitta in volata, Sergio ha dato l’idea di aver dimenticato il rifiuto di Max dello scorso GP, anche se il mistero sulle motivazioni di quell’atteggiamento restano.
Come tutte le vicende che riguardano gli ordini di scuderia, si sono create due fazioni. Una a favore dell’olandese, l’altra del driver di Guadalajara. Per alcuni il due volte iridato ha fatto una brutta figura a impuntarsi a non dare una mano. Per altri, Checo avendo firmato per svolgere il ruolo di secondo, non avrebbe dovuto pretendere nulla dal capitano.
Tra i sostenitori del comportamento del figlio d’arte, David Coulthard ha affermato che da “cannibale” quale è, non avrebbe potuto rispondere diversamente.
L’ex F1 “striglia” Perez
Per lo scozzese, mostrarsi coerenti con la propria personalità è un una prova di qualità, non un difetto. Inoltre, considerato che l’ex Racing Point è stato salvato dal dimenticatoio e da un pensionamento anticipato dall’equipe energetica, dovrebbe solamente ringraziare.
“Era fuori dal Circus e nessuno avrebbe bussato alla sua porta. Poi, invece gli è stata data l’opportunità di restare, tra l’altro con una macchina capace di vincere“, ha asserito a Mirror Sport. “Ha avuto la chance di battersi con Max, ma solo in un ridotto numero di corse è stato in grado di fare meglio“.
Per rendere più chiaro il suo pensiero, il 51enne ha condiviso un episodio della sua carriera.
“Nel 1996 mi venne offerto un sedile in Ferrari. Tra le clausole del contratto c’era che avrei dovuto lasciar sempre passare Schumacher se ero davanti. Per questo, decisi di firmare per la McLaren, così avrei avuto almeno pari opportunità. Lì però trovai Mika Hakkinen, che era più veloce e si aggiudicò, con merito due titoli“, ha raccontato, rivelando in seguito cosa lo ha spinto ad accettare di accodarsi alla bisogna al finlandese.
“Non avrei saputo dove altro andare e dunque preferì conservare un sedile tutto sommato valido“, ha precisato consigliando al 32enne di prendere la via dell’uscita in caso senta di non avere le condizioni psicologiche per adeguarsi ad un compito da secondo.
“La realtà è che il #1 fa parte di un élite di corridori. Gente come Michael, o lo stesso Senna, che spesso si sono opposti al volere dei rispettivi team. Fa parte del loro dna ed è ciò che li rende di successo“, ha terminato la sua riflessione aggiungendo che i leader non sono interessati a farsi degli amici, ma a prevalere in ogni frangente.