Quest’anno in MotoGP si è spezzato il lungo digiuno della Ducati grazie a Bagnaia. L’ingegner Gabarrini fa un confronto il passato.
Era il 2007 quando il giovane e introverso australiano Casey Stoner diventava anche un po’ italiano. Per merito della sua guida particolare, la nervosa e aggressiva Desmosedici veniva finalmente domata, portando finalmente l’iride a Borgo Panigale, giusto a pochi chilometri di distanza da una Maranello, anch’essa in festa, per l’accoppiata marche-conduttori targata Ferrari.
Cristian Gabarrini, allora seguiva da vicino l’aussie, e lo avrebbe accompagnato altresì nel suo percorso in Honda, dove replicò il risultato nel 2011. Chiusa questa breve parentesi nipponica, il tecnico italiano tornerà in Emilia per occuparsi di Jorge Lorenzo nel 2017.
Quindi, ed è storia contemporanea si legherà a Pecco Bagnaia, dapprima in Pramac e poi nel main team, con cui è arrivata la corona più ambita. Il traguardo che il marchio non faceva più suo da una quindicina d’anni.
Nel 2022 il rider di Chivasso ha firmato 7 GP nella top class del motomondiale, recuperando la bellezza di 91 punti sul campione 2021 Fabio Quartararo, che ad un tratto ha perso la sua magia, cominciando a sbagliare e a trovarsi in mezzo agli incidenti.
Stando al capo tecnico che ha potuto conoscerli bene entrambi, tra il piemontese e il centauro di Southport non ci sarebbero molte analogie né per quanto concerne il modo di guidare, nè per l’approccio alle corse.
Diversa anche la situazione che li ha portati sul tetto del mondo. Come detto, quest’anno il 25enne ha dovuto affrontare un portentoso recupero al rientro dalla pausa estiva. Riuscitogli anche grazie alle défaillance del Diablo nelle fasi in cui contava portare a casa punti, mentre quello dell’oggi 37enne fu un vero e proprio dominio. Il #27 riuscì ad arrivare davanti a tutti in ben 10 occasioni, terminando con 367 punti, mentre il primo inseguitore Dani Pedrosa si fermò a 242.
Non va neppure sottovalutato il mezzo a disposizione. La belva rossa del centauro degli Antipodi era decisamente selvaggia, mentre quella creata dall’equipe diretta da Gigi dall’Igna è più docile. Non a caso, tutti gli otto ducatisti in pista sono stati in grado di fare buone performance. Esattamente l’opposto di quanto avveniva in passato, quando nessuno oltre a Casey era capace di leggerla e interpretarla a dovere per portarla a battersi per le prime piazze.
Stoner – Bagnaia: la differenza tra le due Ducati
Per l’ingegnere, però, la vera difformità starebbe nel carburante. Il regolamento ha infatti modificato il quantitativo permesso, passato da 22 a 21 litri.
“All’epoca l’elettronica non era così evoluta come ora, ma per merito delle doti dell’australiano siamo riusciti a farne a meno senza problemi“, ha spiegato.
Il medesimo riscontro è emerso al passaggio in HRC. Questo infatti, è quanto racconta un ex membro del team giapponese. “Quando andò in Honda chiese di avere la possibilità di controllare il più possibile l’acceleratore e le modalità di comunicazione con il motore. Il suo modo era efficace perché molto rapido”.
Infine l’ultimo aspetto cardine illustrato dall’italiano. “La 2007 era una moto estrema, con un propulsore molto potente. Quasi inguidabile e con una sete sfrenata di benzina. Ne consumava parecchia. Adesso questa problematica si è esaurita e la Desmosedici è la migliore del lotto”, ha concluso.