Dopo tanti anni di ostinata stabilità i vertici di Maranello hanno deciso di rimuovere dall’incarico di TP Mattia Binotto. Potrebbe tornare in auge in Ferrari Simone Resta.
Nel momento in cui il giornalista Leo Turrini, sulle colonne del Resto del Carlino, ha parlato apertamente di un Mattia Binotto con la valigia in mano, si sono succeduti una serie di rumor inevitabili. E’ risultato chiaro, nonostante le smentite della Scuderia, che la squadra avesse intenzione di sostituire Binotto al termine del 2022, dopo le parole dell’amministratore delegato, Benedetto Vigna, nella conference call parigina.
L’ex tecnico della Google aveva lasciato intendere che, nonostante la rinnovata competitività, non si poteva essere soddisfatti del secondo posto. Binotto era conscio degli obiettivi del 2022 quando arrivò a dichiarare, l’anno prima, che un eventuale mancata lotta per la conquista della corona iridata sarebbe stata considerata un fallimento. Un manager lungimirante avrebbe fatto appello al buon senso, ma ammettendo i propri errori. L’ingegnere di Losanna ha sempre cercato di nascondere le problematiche, commettendo sbagli imperdonabili. Sul piano comunicativo, sin dal primo giorno del suo insediamento al muretto, il tecnico non si era dimostrato all’altezza di manager come Horner e Wolff.
Timido, incoerente ed impacciato nelle vesti di team principal Binotto ha fatto rimpiangere i suoi predecessori. I risultati hanno parlato chiaro e il ritornello di “una squadra giovane che avrebbe dovuto crescere” è iniziato a suonare come un disco rotto nel corso degli anni. Il team, preso in mano da Binotto, veniva da un biennio molto positivo, sotto la guida di Arrivabene, dove la Ferrari aveva lottato contro una Mercedes fortissima. Nel 2019 lo scandolo motoristico, concluso con l’accordo segreto con la FIA, ha rappresentato una grave macchia per l’immagine del Cavallino. I due anni successivi sono stati un incubo per i fan e per i piloti.
Nonostante una delle peggiori monoposto dell’era recedente della Ferrari, Binotto ha provato anche a giustificarsi e salvare l’insalvabile. Il tecnico non ha mai avuto idee chiare sulla gestione dei driver e, sul piano degli sviluppi, la squadra ha continuato in modo cronico a non trovare la quadra, nemmeno con la F1-75. Se la Scuderia non dovesse vincere nel 2023, La Ferrari eguaglierebbe il suo record negativo di 16 anni senza titoli mondiali nell’annata successiva. Il periodo peggiore del Cavallino rampante avvenne a cavallo tra il 1983 e il 1999.
Va detto, inoltre, che la Rossa di quegli anni era stata rifondata e costruita intorno ad uomini vincenti. A oggi la Scuderia vive una confusione totale, tra delusioni e utopie. Un top team avrebbe bisogno di tecnici di altissimo profilo e, al momento, tutti i rumor sembrano andare in una direzione peggiorativa. Assumere persone che non hanno mai vinto in F1 o che non hanno l’esperienza di comandare una squadra in lotta per la corona iridata potrebbero aprire un nuovo ciclo d’attesa. A quel punto si potrebbe fare, effettivamente, leva su un inserimento in organico di un “giovane” da una realtà esterna. Va ricordato che Binotto era cresciuto nel mondo Ferrari e aveva contribuito alla magica epopea targata Michael Schumacher.
Ferrari, Simone Resta torna per restare
Per sostituire Binotto il nome più accreditato è sempre quello di Vasseur. L’attuale team principal della Sauber avrebbe dalla sua una esperienza importante nelle categorie minori, nonché uno splendido rapporto con Leclerc e il suo manager francese. Nicholas Todt è stata una figura determinante nella carriera di Vasseur, ma la squadra fondata da Enzo Ferrari si sta guardando intorno anche per riportare un ordine strutturale nella GeS. Per anni la Scuderia ha fatto a meno di un tecnico di altissimo profilo come Simone Resta, dirottato tra Alfa Romeo e Haas.
Dopo la laurea in ingegneria meccanica presso l’Università di Bologna, Simone ha iniziato a lavorare in Minardi nel dipartimento di ricerca e sviluppo. Dopo tre anni a Faenza il tecnico passò alla Ferrari nel ruolo di Senior Designer Engineer. Gli anni del quinquennio aureo sono stati i più belli della storia del Cavallino. Resta è diventato il responsabile del dipartimento di ricerca e sviluppo, nel 2006, dando dimostrazione delle sue capacità. Nel 2012 divenne Deputy Chief Designer. Con il successivo arrivo di Marchionne l’ingegnere imolese passò al prestigioso ruolo di capo progettista. Dopo un periodo molto complesso con il passaggio all’era ibrida, la Rossa si riprese e, anche grazie al lavoro di Simone Resta, disputò due ottime annate, nel 2017 e nel 2018, su vetture competitive.
Il 28 maggio 2018 lasciò l’incarico per lavorare in Alfa Romeo Sauber. Il 1º agosto 2019 fu riportato a Maranello, per poi traslocare, dal 1º gennaio 2021, nell’altro team satellite, la Haas. Cosa sia accaduto con la dirigenza e con Binotto lo scorso anno lo sanno solo loro, ma di certo la Rossa con Resta riacquisterebbe un tecnico di assoluto spessore. Secondo la Gazzetta dello Sport i fedelissimi Enrico Cardile (capo sviluppo del telaio), David Sanchez (responsabile dell’aerodinamica), con Enrico Gualtieri (responsabile del reparto Power Unit) rimarrebbero a Maranello, ma potrebbe essere ripristinata con Simone Resta la figura del direttore tecnico, che Binotto aveva assorbito nel suo ruolo.