Gli amanti della F1 leggendaria non saranno d’accordo, ma per il boss Mercedes Wolff Hamilton somiglia molto a Schumacher.
Il 5 marzo prossimo, in Bahrain, scatterà la stagione numero undici di Lewis Hamilton in Mercedes. Un legame, quello con la casa di Stoccarda, cominciato quando il pilota era ragazzino, e proseguito in F1, prima con la McLaren, che per il motore si serviva dai tedeschi, e poi con il team proprietario. Una lunga storia d’amore, potremmo definirla, diventata ancora più solida grazie ai successi a catena ottenuti dal 2014 al 2020.
Nella scuderia vera e propria, Ham ci entrerà nel 2013 dopo aver ricevuto il testimone da Schumacher, deciso ad uscire definitivamente dal Circus, dopo esserci rientrato nel 2010 per una breve parentesi, proprio con le Frecce d’Argento.
In quel periodo, inizierà a muovere i primi passi nel team pure Toto Wolff, uscito dalla Williams di cui era azionista. Allora l’equipe con base tra Brixworth e Brackley non era un granché vittoriosa. Anzi, al contrario. Ma la rivoluzione tecnica del 2014, con l’addio ai motori termici e l’ingresso delle costose e complicate power unit, si rivelerà determinante per la sua affermazione.
In coppia con Nico Rosberg, portacolori dalla prima ora, l’asso di Stevenage darà vita ad un dominio, che finirà per stancare costringendo la Federazione Internazionale ad inventarsi qualcosa, ossia l’introduzione dell’effetto suolo.
E proprio questo escamotage si rivelerà fondamentale per mettere in crisi la compagine germanica, abbastanza sofferente nel 2022. Alla luce di tale tonfo inaspettato dopo tanti momenti di gioia, il responsabile del muretto, ha ritrovato nel 37enne l’unica costante. Un pilastro. Un totem. Come fu in avvio di avventura un grandissimo come Schumacher.
“Lui e Michael si assomigliano molto per quanto concerne l’impatto nello sviluppo dell’auto, piuttosto che per la presenza in fabbrica, ma è soprattutto nei weekend di gara che ha assunto il suo stesso ruolo da senior“, ha affermato al podcast Beyond The Grid, facendo un paragone con il football americano, dove Tom Brady ha saputo andare oltre il suo compito di giocatore.
“Lewis non è uno di quei corridori che arrivano, gareggiano e se ne vanno. E un vero e proprio membro della squadra“, ha proseguito nella riflessione stressando il concetto di team-leader e traghettatore incarnato dal britannico.
Caratteristiche che sono emerse ancor di più nella stagione terminata lo scorso 20 novembre ad Abu Dhabi, conclusa, per la prima volta dal suo esordio nella top class, senza alcuna vittoria. “E’ stata piuttosto dura per lui, in quanto gli abbiamo dato uno strumento con cui non è stato in grado di imporsi. Con una vettura instabile e imprevedibile, veloce in alcuni circuiti, lenta in altri, non è facile lavorare ed evolvere. Tuttavia, dal punto di vista umano, ha saputo cavarsela in maniera ammirevole“.
La mancanza di performance della W13 ha ovviamente scosso e demoralizzato l’intero gruppo germanico abituato alla supremazia. Non però il sette volte iridato che ha continuato a spingere e motivare meccanici, tecnici e dirigenti.
“Ha sempre cercato di tenerci su, di spronarci, dando prova di possedere una personalità che non avevo mai riscontrato in nessun altro“, ha ribadito il manager viennese.
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