In una intervista, l’ex manager ha parlato dei problemi di Honda e non solo in MotoGP, usando parole dure sul loro comportamento.
Due podi in 20 GP. Un bottino davvero scarno per la Honda nel 2022 in MotoGP, dove ha ottenuto i peggiori risultati da quando è in questa categoria. Tanti i fattori che hanno inciso sull’annata da tregenda da poco passata. Innanzitutto una RC213V completamente rivista per adattarsi meglio alle caratteristiche di Marc Marquez che in realtà non ha funzionato come dovrebbe, tanto da dare sensazioni molto confuse allo stesso spagnolo quando l’ha guidata. Ancora una volta tante le cadute del campione di Cervera, che ha trovato difetti non solo sull’anteriore ma anche in fase di ripresa del gas, così come in frenata. E poi lo stesso Marquez, che con la nuova operazione al braccio destro infortunatosi nel 2020, che ha ridotto le capacità dell’iberico di testare per tutta la stagione con costanza la moto.
Il rientro nelle fasi conclusive del campionato di Marquez ha permesso alla Honda di avere nuovamente dati utili per seguire una linea precisa di sviluppo del mezzo, ma la realtà è che a Valencia, dove è stato portato un corposo aggiornamento della moto, le sensazioni dello spagnolo sono state tutt’altro che positive. Infatti ha ribadito il concetto che con questi presupposti non potrà lottare per la vittoria. Tanto che da più parti si è tornati a parlare di un futuro in bilico e di un possibile addio a fine contratto per andare in Ducati, dove ora è finito il fratello Alex.
Nel mirino quindi sono finiti i tecnici giapponesi, che da diversi anni brancolano nel buio cercando di creare una moto all’altezza. Tanto che a metterne in dubbio le capacità è stato anche il collaudatore Stefan Bradl, che recentemente ha elogiato il “coraggio” nello sviluppo di Ducati, sottolineando come invece Honda “non è mai stata in prima linea con le sperimentazioni“.
E che sia un problema di filosofia lo ha detto anche in un’intervista a Slick Magazine l’ex manager Davide Brivio, secondo cui le fabbriche europee sono più aggressive nell’approccio alle corse. Un chiaro riferimento alla Ducati, alla quale sottolinea che “anche Yamaha e Honda dovranno adattarsi“. Quello che sta emergendo, secondo Brivio, è che la MotoGP sta prendendo “la strada della Formula 1, visto che forse le aziende italiane si sono ispirate a quella. Hanno preso idee su come organizzare le gare, ma è anche l’approccio che è diverso: affrontare le gare facendo tutto il possibile per avere moto sempre più performanti, non lasciare nulla di intentato e continuare a cercare di migliorare, pensando costantemente a nuove soluzioni“.
A differenza delle aziende giapponesi come Honda e Yamaha, le italiane “non sono mai contente, continuano a fare ricerca, cercare nuove idee, per capire dove si può trovare anche un decimo di secondo“, una mentalità molto simile a quella della Formula 1 “dove si studia e si investe anche per guadagnare mezzo decimo“. Tanto che Brivio accusa Honda e le altre case giapponesi di “non aver compreso fino in fondo che questa MotoGP non ha niente a che vedere con quella di vent’anni fa. Prima i GP erano una questione tra loro, lo sviluppo delle moto è stato fatto secondo le regole delle aziende giapponesi. Gli italiani non hanno fatto altro che accelerare il processo, soprattutto Ducati“. Ora si sono adattate anche Aprilia e KTM, e i risultati si vedono.
Per Brivio, che ha lavorato per gran parte della sua carriera con Suzuki e Yamaha, i giapponesi hanno sempre avuto un approccio conservativo nei confronti di questo mondo, ed è rimasto tale: “Per loro, oggi è come ieri: una moto una volta fatta fa una piccola evoluzione e poi loro mettono il resto sulla moto dell’anno successivo“. Ma avverte che gli anni d’oro da Doohan e Marquez, passando per Valentino Rossi, dove bastava la moto per vincere sono finiti. Brivio che poi ha provato a dare un consiglio: “Si deve creare una grande sinergia tra la casa e il team: devono smettere di essere due gruppi diversi. Devono costruire insieme la moto e insieme devono farla funzionare in pista“.
Alla fine il manager italiano colpevolizza la HRC per la sua politica, considerata inefficace e arcaica. E ha ammesso: “Di recente ho sentito Marquez dire: ‘Una volta ho chiesto al team perché abbiamo testato quella parte specifica e hanno detto che non lo sapevano’. Vuol dire che in Honda continuano a usare il vecchio metodo: sembra che stiano buttando pezzi, copiando quello che vedono intorno, per capire che effetto fa. Ma così non va bene“. Ma i giapponesi lo avranno capito?
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