La Ducati ha spodestato la Honda e le altre giapponesi al top della MotoGP, ed un grande esperto manda una sua frecciatina.
La MotoGP ha cambiato padrone, con la Ducati e Pecco Bagnaia che sono da poco saliti sul tetto del mondo interrompendo l’egemonia delle moto giapponesi. L’ultima casa costruttrice ad imporsi in classifica piloti che non fosse proveniente dal Sol Levante era stata proprio quella di Borgo Panigale, che nel lontano 2007 si prese il tetto del mondo grazie all’impresa di Casey Stoner.
Da quel momento in poi, la Honda portò a casa sette titoli (6 con Marc Marquez ed uno con Stoner), la Yamaha se ne prese sei (tre con Jorge Lorenzo, due con Valentino Rossi ed uno con Fabio Quartararo), lasciando spazio alla gloria della sola Suzuki, iridata nel 2020 grazie al capolavoro di Joan Mir.
La MotoGP ha parlato quasi sempre giapponese dalla sua creazione targata 2002, ma non è che prima le cose fossero poi così diverse. Il titolo di Bagnaia ha cambiato le carte in tavola, visto che quello di Stoner fu più frutto del talento del pilota che delle qualità di una Desmosedici comunque molto competitiva, ma solo nelle mani dell’australiano.
La Rossa di oggi, invece, va forte con chiunque, anche se Pecco è stato sicuramente il più costante è l’unico in grado di portarla a giocarsi il titolo. La forza della casa emiliana è confermata anche dal terzo posto di Enea Bastianini, che sulla Ducati dell’anno prima ha vinto quattro gare, arrivando a giocarsi il titolo, dal punto di vista matematico, sino alla penultima tappa. Questi numeri ci raccontano di una superiorità vera e propria, che potrebbe portare il marchio italiano all’apertura di un ciclo, a patto che i rivali non cambino qualcosa nel loro modo di lavorare.
La Suzuki si è tirata indietro, ed a difendere l’onore del Sol Levante sono rimaste solo la Honda e la Yamaha, che per fare un paragone con la F1 le potremmo paragonare a McLaren e Williams, due nobili decadute che non avranno vita facile per rialzarsi. Va detto che le qualità ci sono tutte, ma alcuni aspetti vanno del tutto rivisti ed in fretta.
MotoGP, la frecciata di Sito Pons alla Honda
Sito Pons è un grande esperto del mondo delle due ruote, due volte campione del mondo della Classe 250 nel 1988 e nel 1989 in sella alla Honda. Tra lo spagnolo e la casa giapponese c’è sempre stato un legame molto intenso, ma questo non gli ha impedito di mandare una frecciata non proprio piccola a questo marchio.
I più giovani ricorderanno Pons più come team manager che come pilota, visto che ha gestito grandi talenti come Alex Criville, Max Biaggi, Loris Capirossi, Alex Barros, Carlos Checa e Makoto Tamada con la sua squadra, che correva proprio con le Honda, all’epoca punto di riferimento della top class.
Pons ha concesso un’intervista a “Speedweek.com“, ed è bene concentrarsi sul commento che ha fatto in merito ai team satelliti: “Oggi la Ducati ha tre team clienti e quando vince un pilota di quel team esultano, festeggiano ed esultano come se avesse vinto il team ufficiale. Quando gestivamo il nostro team MotoGP, Honda mercanteggiava sui nostri piloti e cercava di convincerci a sponsorizzarci con l’inganno“.
Parole piuttosto dure quelle dell’ex pilota e team manager, che ha però centrato il punto. Una delle forze della Ducati degli ultimi anni è stata proprio la capacità di saper puntare sui team privati, Pramac Racing su tutti, riuscendo ad accumulare una mole incredibile di dati da utilizzare poi per lo sviluppo della Desmosedici.
La mentalità italiana ed europea, in questo senso, ha fatto la differenza su quella giapponese, nella quale i team satelliti non hanno mai assunto una grande importanza. La conferma di tutto ciò è data dal numero delle moto che abbiamo visto in pista lo scorso anno, ma anche da quelle che ci saranno nel 2023.
La Honda continuerà con sole quattro moto, due ufficiali del team HRC e due private del team LCR gestito da Lucio Cecchinello. Ancora peggio andrà alla Yamaha, considerando che la casa di Iwata potrà contare solo sulle factory, dal momento che il team RNF di Razlan Razali ha sposato il progetto Aprilia, e correrà con le RS-GP a partire dal prossimo anno.
Lo stesso destino era capitato alla Suzuki, che ha corso sempre e soltanto con le moto ufficiali, arrivando poi addirittura al ritiro. Le case nipponiche, ormai, non sono più il punto di riferimento, ed anche le squadre private hanno capito l’andazzo. Per tornare al top occorrerà cambiare, prima di tutto, la mentalità con la quale affrontare le corse.