Un uomo che ha lavorato con tre grandi campioni come Senna, Schumacher e Alonso svela cosa li ha accomunati, nonostante le epoche diverse.
Lewis Hamilton è entrato con i suoi sette titoli iridati nella leggenda, raggiungendo un altro grande della F1 come Michael Schumacher. I detrattori però ancora non sembrano elevare il britannico al livello del tedesco, che rimane insieme ad Ayrton Senna e Juan Manuel Fangio non solo uno dei più vincenti ma anche un campione unico nel suo stile. c’è anche un altro però che nonostante abbia vinto di meno è comunque tra i piloti più apprezzati dai fan del Circus, ancora oggi. Ed è Fernando Alonso, che dopo i due titoli conquistati con la Renault nel 2005 e 2006, non è più riuscito a lottare veramente per un Mondiale se non in un paio di occasioni. In mezzo poi anche un ritiro e il rientro nel 2021 con Alpine, prima del passaggio proprio quest’anno ad Aston Martin. Ed è qui che l’asturiano sogna di compiere una vera impresa sportiva.
Ma c’è qualcosa che hanno in comune campioni come Schumacher, Senna ed Alonso. E un primo si tratta di un uomo: Pat Symonds. L’attuale ufficiale tecnico capo della F1 era l’ingegnere capo alla Toleman quando Senna ha debuttato. È stato poi l’ingegnere di pista di Schumacher nella stagione 1994, quando il tedesco vinse il suo primo Mondiale. Inoltre ha lavorato con Alonso in Renault negli anni dei suoi due Mondiali. Quindi chi meglio di lui può raccontare le caratteristiche di questi tre straordinari piloti.
Senna, Schumacher e Alonso: cosa li unisce?
A Crash.net, Symonds ha fatto un paragone tra i tre campioni, partendo innanzitutto da brasiliano: “Eravamo in tempo in cui non c’era alcuna acquisizione dati, stavamo solo costruendo i nostri primi dispositivi, quindi ci affidavamo moltissimo al pilota. Oltre a guidare la macchina velocemente, oltre ad essere tattici, dovevamo pensare a tante cose. E lui dava una grandissima mano“.
Schumacher invece aveva una particolarità: “A Michael, ad esempio, piaceva un’auto molto instabile. Poteva rendere la macchina molto veloce, ma dovevi essere un pilota dannatamente bravo per guidarla. Eravamo abituati a mettere a punto la sua macchina in modo piuttosto instabile, e i suoi compagni di squadra spesso hanno faticato con questo, a causa di come era preparata“.
Con Alonso però fu diverso: “Quando arriviamo all’epoca di Fernando, sapevamo molto di più su ciò che accadeva nell’auto. Quindi cerchi di lavorare sui dettagli“. Per questo è difficile scegliere tra uno di questi tre talenti. Ma Symonds comunque ci ha provato, ricordando però che i tre sono distanti vari decenni e che un decennio nel motorsport è come un secolo: le cose cambiano così rapidamente. Ma guardando loro ci sono dei punti in comune. A partire dall’autostima: “Ogni buon pilota crede di non essere solo un buon pilota, ma il miglior pilota. E questo è davvero, davvero importante“, ha ricordato. “Hai bisogno di quella capacità di non dover pensare a quando premere il freno, quando girare il volante, quando aprire l’acceleratore. Deve essere naturale dentro di te, e poi devi avere l’intelligenza per capire quando hai fatto bene e quando hai sbagliato. Questo è ciò che ti rende veloce, poi aggiungi tutte le altre cose che ti rendono un pilota da corsa completo: l’ulteriore intelligenza per capire la situazione tattica, la forma fisica, tutto questo genere di cose. I piloti intelligenti sono quelli che in un certo senso pensano a ogni parte del circuito e si concentrano su di essa, poi mettono tutto insieme e poi ottieni il giro veloce“.
E quello che è successo ai loro compagni è stato di imitarli, di studiarli per capire come andare forte come loro. Solo che tutti hanno fallito, perché non avevano quella naturalezza nella velocità che avevano loro.