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Formula 1

Webber si scaglia contro i piloti di F1: ecco cosa non gli va giù

Published by
Chiara Rainis

L’ex pilota Webber non ha gradito le dichiarazioni di alcuni giovani colleghi sul tipo di impegno richiesto per arrivare in F1.

Per iniziare prendiamo in prestito le parole di un calciatore scomparso da poco, Sinisa Mihajlovic. Rispondendo ad un giornalista che sosteneva che fosse difficile per un ragazzo di 22 anni sopportare il peso della fascia di capitano in un club tanto prestigioso come il Torino, l’allora allenatore disse che era ben più duro svegliarsi alle 4 di mattina per essere sul lavoro alle 6 e ricevere uno stipendio che non ti permette di arrivare a fine mese. Più o meno questo è il messaggio che ha voluto lanciare anche Mark Webber declinandolo alla F1.

L’ex pilota di F1 Mark Webber (Ansa Foto)

Ma a differenza del serbo che fu gentile, l’australiano ha bollato come stupidaggini, giusto per usare un eufemismo, certe considerazioni in merito ai sacrifici che i driver si troverebbero a fare per compiere la scalata ed arrivare fino alla classe regina.

Webber replica ai piloti lamentosi

Per l’ex Red Bull puntualizzare che nella marcia di avvicinamento al Circus si sia costretti a svolgere ore e ore di allenamento e che i genitori devono sborsare una marea di soldi, è un atteggiamento fallimentare già in partenza.

Come si fa a definire gravoso un lavoro meraviglioso che ti permette di guadagnare moltissimo“, la domanda retorica posta nel corso del podcast Performance Hackers. “Personalmente non ho mai parlato di sacrifici. E chi tira fuori certi termini, come chi dice di aver dato tutto, sono scemenze”, ha proseguito nello sfogo.

In particolare, il manager personale di Oscar Piastri, nel 2023 in forza alla McLaren, se l’è presa con i suoi giovani connazionali che, malgrado il beneficio dell’età, della freschezza e della teorica fame, già si lagnano.

Se si sentono così adesso, significa che si vogliono mettere sulla difensiva. A mio avviso invece  è tutto l’opposto, perché quello è il momento per mettersi in mostra, lavorare con professionisti di livello e tirare fuori il massimo da sé stessi“, ha considerato tranchant.

Condividendo la propria esperienza personale, il 46enne ha ricordato come nelle sue ultime stagioni nella classe regina, nonostante fosse ormai un veterano, venisse confermato di anno in anno, senza quindi avere il vantaggio della serenità data da un contratto a lungo termine. E sempre con il fiato sul collo della concorrenza più fresca.

Sul finale ero sempre a rischio di essere rimpiazzato e il team voleva che portassi a casa risultati. Io cercavo di spronarmi dicendomi che avrei ottenuto il rinnovo se facevo bene. E che avrei dato valore all’equipe e chi lavorava con me“, ha confidato asserendo come fosse motivo d’orgoglio riuscire a tirare fuori il 100% e centrare gli obiettivi che si era fissato.

Se gli sgoccioli del periodo a Milton Keynes erano stati da acqua alla gola, non meglio erano andati gli esordi. Addirittura il suo primo accordo con una scuderia fu per appena due gare.

Tutto nello spazio di tre settimane. E io non avevo carte da mettere sul tavolo. Dovetti accettare. Anche perché se non ci avessi provato, ci sarebbe stato qualcuno dietro ad approfittarne. Perché alla fine c’è sempre qualcuno che può prendere il tuo posto“, ha concluso la riflessione con un invito agli esordienti a non fare troppe storie, ma al contrario a rimboccarsi le maniche e mettersi in luce.

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Chiara Rainis

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