L’ex pilota della top class del motomondiale Lorenzo, ricorda il suo ultimo sigillo iridato e tira in ballo Rossi e Marquez. Questi i fatti.
Jorge Lorenzo era arrivato in MotoGP nel 2008, forte delle due coppe conquistate nella classe 250 nel 2006 e nel 2007. Da subito all’altezza del compito, con la Yamaha seppe imporsi già nel 2010 e poi ancora nel 2012 e nel 2015. Proprio quest’ultimo segno, lo lasciò agevolato da un testa a testa senza esclusione di colpi. Quello tra Marc Marquez, allora ancora abbastanza fresco di ingresso nella categoria regina, e Valentino Rossi, l’imperatore, il pilota per eccellenza delle due ruote di epoca contemporanea.
Come spesso accade quando ci sono due litiganti, il terzo gode ed è così che andò in quel frangente. Ma non solo, nella disputa tra il #93 e il #46, il maiorchino ebbe un ulteriore beneficio. Osservando dall’esterno, riuscì a individuare i punti deboli di entrambi, in modo da poter attaccare al momento giusto e portarsi a casa singole vittorie e Mondiale.
Nell’occasione, ebbe altresì la possibilità di notare un certo cambiamento nella relazione tra Vale e il Cabrocinto. All’improvviso si era accesa una vera propria rivalità. Qualcosa di estremamente utile, specialmente se si sta battagliando per un posto al sole. “Guardavo quello che succedeva tra di loro e mi fregavo le mani“, ha confidato a Motosan senza troppi giri di parole. “Sapevo che le loro schermaglie avrebbero potuto fruttarmi. Ed infatti è esattamente ciò che successe“.
Allora l’ex #99 era vicino di box del Dottore e di certo non fece niente per dare una mano all’italiano. In pratica, non fece squadra, ma, giustamente, proseguì per la propria strada prestando attenzione soltanto ai suoi interessi. Non a caso, le asprezze e le tensioni, investiranno pure lui successivamente.
Per il 35enne, il pesarese faceva di tutto per far infastidire il catalano fuori dalle piste, ma specialmente in corsa. “Credo lo avesse capito che faceva tutto di proposito. Di solito se ti senti forte e ritieni di avere le carte in regola per fare man bassa delle corse non ti comporti in questa maniera“, ha ricordato come la bagarre in circuito spesso deflagrava davanti alla stampa e alle tv, nelle conferenze, o in generale nelle interviste. Uno degli episodi più eclatanti fu quello della Malesia quando per l’intero GP se ne combinarono di tutti i colori.
E come Sepang seguiranno altri appuntamenti da nervi a fiori di pelle. In particolare l’iberico ha voluto citare le manche di Argentina e Olanda, quando il livello di sfida si alzò ulteriormente. “Il modo in cui lottarono, le frenate pazzesche, mi fecero comprendere che a Marc non importava tanto di vincere“, ha considerato, facendo intendere che quegli incroci all’ultimo metro avevano trasceso lo sport ed erano diventati altri. La competizione non era più tra due centauri, ma tra due uomini, che non vedevano più nel successo del singolo round il un traguardo da raggiungere, quanto erano interessati solamente a fare meglio dell’altro.
“L’unico obiettivo di Marquez era diventato arrivare davanti a Rossi in ogni piega“, ha concluso il suo racconto su un’era entusiasmante del motomondiale.
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