Auto a forma di cuneo: la top 15 dei modelli nati in Italia

Nate tra gli anni ’60 e gli anni ’70 le auto a forma di cuneo non passano certo inosservate. Molte sono state prodotte in Italia.

La maggior parte sono rimaste idee, progetti sulla carta mai diventate realtà, ma le auto cuneiformi non hanno mai smesso di far battere il cuore degli appassionati. Sbocciate tra i gloriosi anni ’60 e ’70, sono state perlopiù disegnate da italiani. Sportive dalla linea bassa, queste vetture si distinguevano per il cofano appuntito, definito dagli anglosassoni wedge shaped.

Auto (AdobeStock)
Auto (AdobeStock)

Come detto, molte non hanno mai visto la luce, mentre alcune di queste affascinanti prove di stile sono diventate protagoniste degli showroom, malgrado in numeri ristretti. Per capirci la Lotus, produrrà appena 10mila esemplari della sua Esprit, la Lamborghini poco più di 2mila della sua Countach e la Triumph, 112mila della TR7, con la TR8 destinata al solo marcato a stelle e strisce.

La più famosa e iconica resta la DeLorean DMC-12, diventata protagonista del film hollywoodiano “Ritorno al futuro”, rilasciata in 9200 unità, ma non particolarmente apprezzata dal pubblico. E come non citare la Renault Gabbiano uscita dalla matita di Giorgetto Giugiaro.

Auto a cuneo, le migliori 15

Facendo una carrellata di quelle più distintive, nomiamo la Bertone Runabout o Autobianchi Runabout. Ispirata alla A112 Marcello Gandini la volle un mix tra una quattro ruote e un motoscafo. Il concept venne fece un’unica apparizione al Salone di Torino del 1969.

Sempre nel capoluogo piemontese e ancora per merito della Carrozzeria Bertone, nel 1970 si affacciò la Stratos HF Zero. La mamma di quella che poi sarebbe diventata la Lancia, dominatrice del WRC. A darle forma fu nuovamente Marcello Gandini, in questo caso meno ardito.

Alfa Romeo Carabo carrozzata Bertone, prendere il nome dal coleottero Carabus Auratus, per la sua colorazione verde cangiante con riflessi dorati. Il cofano vanta profili arancioni e riporta alle zampe e alle antenne dell’insetto. L’obiettivo era affidare a Gandini un’evoluzione della 33 Stradale del 1967. Ne verrà costruito un solo esemplare, oggi ammirabile al Museo Storico del Biscione.

La Maserati Boomerang, riprende la meccanica della Bora del 1971, mentre l’estetica è più aggressiva e dotata di un tridente gigante sul cofano. Ideata dalla Italdesign di Giorgetto Giugiaro, verrà realizzata in un unico esemplare, immatricolato. Il tratto distintivo è la vetratura che richiama un’astronave.

La solitaria Ferrari 512S Le Mans, curata da Pininfarina, venne progettata nel 1967, apparendo in tre edizioni del Salone di Ginevra, per poi essere acquistata nel 2014 da un amante del marchio, tale Jim Glickenhaus e in seguito omologata per circolare.

La Lamborghini Athon Speedster presenta un disegno molto particolare ad opera di Nuccio Bertone. Il blocco unico della carrozzeria è spezzato dal solo parabrezza. Rilasciata nel 1980 venne ceduta nel 2011 per mezzo milione di dollari ad un collezionista americano.

La Bizzarrini Manta vide la luce in appena tre mesi, così da arrivare in tempo per il Saone dell’Auto di Torino del ’69. Fu il primo progetto della Italdesign di Giugiaro dopo la separazione. Il telaio è lo stesso della sportiva P538-003. Color verde acido sfoggia linee moderne, con un abitacolo adibito per soli tre posti e un parabrezza inclinato di appena 15 cm.

Presentata nel 1979 la Aston Martin Bulldog era all’avanguardia per i suoi 309 km/h di velocità massima. Apparsa sulle strade di Londra dopo un restauro nel 2021, è poi sparita. Sulla carta prodotta in 10-15 esemplari, il responsabile del progetto Mike Loasby ne farà uscire solamente uno.

Su indicazione della carrozzeria tedesca Karmann, Italdesign produsse nel 1973 la Asso di Picche basata sulla Audi 80, la prima macchina di un quartetto che avrebbe dovuto completarsi con la Asso di Quadri, d’ispirazione Bmw 320, la Asso di Fiori, costruita sulla Isuzu Gemini e la Asso di Cuori. Ma alla fine del progetto non se ne fece nulla, e sul mercato uscirà nel 1981 soltanto la Asso di Fiori, in seguito diventata Isuzu Piazza.

Nel 1972 quale omaggio per i Giochi Olimpici di Monaco di Baviera la BMW creò la E25 Turbo. Ideata da Paul Bracq, aveva come peculiarità le porte ad ala di gabbiano. Il propulsore era in posizione centrale e lo chassis su cui si basava era quello ritoccato della Neue Klasse. Due gli esemplari costruiti. Le sue linee influenzeranno quelle della M1, della Serie 8, della Z1 e della concept car del 2008 M1 Hommage.

L’Alfa Romeo Navajo venne ribattezzata da Nuccio Bertone “auto da sogno”. Svelata al Salone di Ginevra nel 1976, riprendeva la 33 Stradale e oggi la possiamo ammirare nel Museo Alfa di Arese. Lunga 3,8 m, larga 1,86 m e alta appena un metro, aveva un peso di 870 kg.

La prima serie della Mercedes C111 debuttò nel 1969 allo Iaa di Francoforte. Il bodywork era composto in fibra di vetro e plastica. Alta un metro, aveva porte ad ali di gabbiano, per un look futuristico. Poco dopo uscì la C111-II presentata al 40esimo Salone di Ginevra. Grazie al propulsore Wankel a quattro rotori riusciva a sfiorare una velocità di 300 km/h. Altri esemplari da record verranno lanciati nel 1976 la C111-II D, nel 1977 la C111-III e nel 1979 la C111-IV.

In sinergia la Porsche e la Italdesign daranno vita allo chassis e alla meccanica della 914/6. Uno dei tocchi di classe del progetto a firma Giugiaro erano le quattro portiere con apertura ad ali di gabbiano. Dopo essere apparsa al Salone di Torino del’70, finirà nel dimenticatoio, prima di essere investita da uno sfortunato destino. Venduta a un privato un paio di anni dopo, verrà distrutta in un incendio.

La Volkswagen Karmann Cheetah è un concept la cui architettura ricalca quella del Maggiolino da 1600 cc. Presenta un grande tettuccio-parabrezza in vetro, con apertura in avanti, dei fari a scomparsa e uno spoiler posteriore regolabile. Esposta al pubblico per la prima volta nel ’71 a Ginevra. Disegnata in tandem da Giorgio Giugiaro e Willhelm Karmann, ebbe un’evoluzione speculare a quella dell’Alfasud Caimano, anch’essa mai diventata di serie, ma d’ispirazione per la Fiat X1/9 di Bertone.

Infine un’altra evoluzione della 33 Stradale, ossia l’Alfa Romeo 33 Pininfarina Cuneo o P/33 Cuneo. Al debutto al Salone di Bruxelles del ’71, per darle forma Pininfarina utilizzò lo chassis della 33 Roadster G.S. di Paolo Marti. Il nome è dovuto alla forma della sagoma laterale, ossia un cuneo. Come altri esemplari di auto che abbiano citato, la si può ammirare al Museo del marchio di Arese.

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