Sul mercato in tempi non proprio brevi la nuova Alfa Romeo Alfetta Restomod, è un mix tra tradizione e tecnologia. Ecco il possibile look.
Il prossimo settembre dovrebbe ottenere l’approvazione da parte di Stellantis. Ma prima di vedere in strada la Nuova Alfetta, dovremo attendere almeno il 2027 o forse anche il 2028. Stando alle indiscrezioni la produzione Alfa Romeo dovrebbe rientrare nel segmento C, affiancando il SUV Tonale. Per il momento comunque non ci sono conferme, ma soltanto rendering circolanti sul web.
Il più recente è quello a firma Mahboub 1, fruibile su You Tube. In questa proiezione di ciò che sarà, vediamo una vettura in stile “Restomod”. Ovvero un bel miscuglio tra le forme storiche e le esigenze della modernità. Ciò anche perché il CEO del Biscione Jean-Philippe Imparato, ha promesso che non ci troveremo davanti ad una berlina classica in tutto e per tutto. I pochi indizi a disposizione, hanno già fatto venire l’acquolina in bocca agli amanti del marchio che sono in grande trepidazione, e speranzosi di assistere a più annunci del genere.
Il brand di Arese ha parecchie novità in programma. Si parla infatti di un altro veicolo di segmento E, che dovrebbe essere ancora un SUV. Mentre SUV compatti dovrebbe saranno le rinnovate Giulia e Stelvio. Prevista altresì un’ammiraglia che verrà sviluppa negli States e prodotta in Italia.
Tornando all’estetica, le linee ipotizzate dal renderista, sono pulite e sinuose. Il colore bianco convoglia un’idea di un prodotto che non vuole tradire le aspettative dei clienti più affezionati. Di stile i fari anteriori allungati full LED. I vetri oscurati non ci permettono di scorgere l’interno che, potrebbe regalare grosse sorprese in termini di tecnologia utilizzata. Sul fronte alimentazione, è quasi scontato che verrà prescelto l’elettrico.
Alfa Romeo Alfetta, qualche pillola di storia
Le origini di questa berlina sportiva di classe medio alta ci riporta al 1972. Prodotta nella sua prima versione fino al 1984 negli stabilimenti di Arese, venne presentata al Salone dell’Auto di Torino del ’71. Ma una serie di scioperi e la concomitanza con il rilascio della 2000, portarono allo slittamento di sei mesi della messa sul mercato.
Da subito si distinse per il suo carattere innovativo pur mantenendosi aderente ai canoni della Casa. Questa commistione la portò a diventare il nuovo riferimento per i modelli successivi. Le sue forme erano squadrate. Il frontale presentava doppi fari tondi con cornice cromata e lo scudetto collocato al centro. I paraurti erano a lama in acciaio inossidabile. Le barre, cromate. La coda alta, consentiva di avere vantaggi aerodinamici.
Internamente il portabagagli era generoso, ma non sfruttabile al 100% per via dell’alta soglia di carico. Il posto guida molto comodo e dotato della possibilità di regolare l’altezza del volante. Il quadro strumenti ben fornito di tutte le indicazioni utili, con inserti in legno.
Capace di spingere fino a 122 cv, per 184 km/h di velocità massima e un passaggio da 0 a 100 km/h in 9,8 secondi, era fornita di una vera chicca per l’epoca. Il cambio manuale a cinque marce era posto nel retrotreno in blocco con la frizione attivata idraulicamente e il differenziale. In questa maniera, ovvero tramite una miglior distribuzione, si voleva ottenere una più adeguata tenuta di strada.