Il boss della F1 Domenicali in una intervista ha chiarito le linee guida di Liberty Media ed è tornato a lanciare un messaggio chiaro a due GP in particolare.
La F1 ha cominciato ad accendere i motori per la stagione 2023, che sarà la più lunga di sempre. Infatti, in linea con la politica degli ultimi decenni, il Circus sta allargando i propri orizzonti, proprio come cominciato sotto la guida del tanto criticato Bernie Ecclestone. Oggi pare infatti che il nuovo boss Stefano Domenicali prosegua su quella scia, tanto che ora il Mondiale davvero tocca i punti più importanti del globo, in special modo quelli che riguardano il business: dall’Arabia all’Asia, fino agli USA, Paese questo che ha sempre avuto un rapporto di amore e odio nei confronti degli sport motoristici “stranieri”.
Impegnato già nel pensare la F1 che sarà, non senza polemiche, visto che già diversi addetti ai lavori hanno dimostrato le proprie perplessità, Domenicali però più che ai risultati in pista delle vetture e allo spettacolo, in attesa di definire gli ultimi dettagli regolamentari per il 2026 sta già approntando un altro capitolo che rimane centrale: quello dei gran premi.
Nuovi Paesi spingono per entrare, nuovi mercati sono pronti a ricoprire d’oro il Circus e per questo diverse nazioni già si sono spinte in avanti, concludendo contratti con la F1 per i prossimi anni. Tappe come Arabia Saudita, Canada, Miami, Qatar, Bahrain, solo per citarne alcune, hanno prolungato la propria permanenza nel Mondiale fino al 2030 e oltre. Ma sono diversi i circuiti, anche storici, che in nome del business e non solo rischiano di rimanere fuori.
Ad oggi possiamo dire che potrebbero non vedere più un GP piste come il Paul Ricard (Francia), ma anche alcune iconiche come Montecarlo, Spa-Francorchamps (Belgio) e Spielberg (Austria). E il tema non riguarda solo i soldi, ma anche gli investimenti da fare per rimanere al passo con i tempi. Per questo rischiano anche altri due circuiti che hanno fatto la storia, purtroppo italiani.
Domenicali avverte i GP italiani
Se diamo un’occhiata al panorama mondiale, ci sono Paesi che per avere il gran premio sul proprio tracciato sborsano oltre 50 milioni di dollari l’anno. Parliamo di Bahrain (52), Arabia Saudita (55), Qatar (55), Azerbaijan (57), cifre che sono decisamente più alte rispetto a GP storici come Brasile, Australia, Ungheria e così via. Investimenti ingenti dunque, dai quali i gruppi organizzatori devono rientrare e guadagnarci. Ed è per questo che molti appuntamenti storici fanno fatica e rischiano seriamente di rimanere fuori.
Non sono esenti da questo rischio Imola e Monza, che avrebbero bisogno di un bel lifting per tornare ad essere dei GP di prim’ordine. Presto i contratti saranno in scadenza e per ottenere il rinnovo la grande storia che entrambi gli impianti possono vantare a quanto pare non basterà più. E Liberty Media, come già ribadito più volte, non guarda in faccia a nessuno. Tanto che Domenicali in una intervista di questi giorni a La Stampa ha chiarito che la storia va sì “sempre ricordata e valorizzata, però non deve essere la scusa per non investire“. Tanto che è tornato a tirare in ballo proprio i due circuiti di F1 italiani, da cui si aspetta “un cambio di marcia a livello di investimenti. Da italiano vorrei vedere il mio Paese reagire a una richiesta di crescita che viene da tutti“.
Quello che la proprietà americana chiede è una maggiore qualità infrastrutturale. E, soprattutto, la possibilità di creare tutti quegli eventi correlati al GP che stanno diventando centrali per la F1. Ma Monza e Imola hanno dei grossi problemi da questo punto: uno perché sorge in un parco tutelato, l’altro perché nasce nel verde ed è praticamente al centro di un paese e sulle rive di un fiume. Ma sappiamo soprattutto quanto in Italia siano stringenti certi vincoli ambientali, paesaggistici e storici, cosa che la F1 proprio non calcola.