Nell’arco della sua vita Silvio Berlusconi ebbe delle idee imprenditoriali uniche. Alcune coinvolsero, senza fortuna, anche la FIAT e la Ferrari.
“Spero che questa mia esistenza terrena possa terminare mentre io sono teso a raggiungere un altro traguardo oltre la siepe”, annunciò qualche anno fa l’ex Premier. Berlusconi è scomparso all’età di 86 anni con un patrimonio personale stimato di 7,3 miliardi di dollari. La rivista Forbes lo ha classificato il dodicesimo uomo tra le persone più potenti al mondo nel 2009. Come ha ottenuto un potere e un patrimonio simile?
Silvio Berlusconi, conosciuto come il Cavaliere, classe 1936, è stato un imprenditore, politico, nonché per quattro volte Presidente del Consiglio italiano. Alle elezioni politiche del 25 settembre 2022 ha vinto nel collegio uninominale di Monza, tornando al Senato dopo anni di assenza. Ha influito sulla cultura di massa, dando vita ad un atteggiamento definito “berlusconismo” tra i suoi sostenitori.
Dopo aver fatto strada da giovane nell’edilizia, Berlusconi ha fondato nel 1975 la società finanziaria Fininvest e nel 1993 la società di produzione multimediale Mediaset. E’ stato tra gli imprenditori più influenti al mondo, non solo alle nostre latitudini. La sua carriera politica lo ha reso potentissimo. Luci e ombre, ma anche tanta sostanza. Nella sua visione imprenditoriale la FIAT avrebbe dovuto prendere una scelta epocale per uscire dalla crisi economica.
In una certa fase, ben prima del miracoloso intervento di Sergio Marchionne, si era addirittura pensato ad un ingresso statale nella gestione della casa automobilistica piemontese. Nonostante il rischio chiusura dei principali stabilimenti, arrivò un secco no. Berlusconi entrò a gamba tesa sulla questione, come riportato dalla Corriere della Sera, criticando l’operato al ribasso del marchio della famiglia Agnelli.
“Per la FIAT c’è molto da fare. È stata condotta senza una fiducia nel futuro. Se avesse il management giusto potrebbe superare questa crisi passeggera”, affermò l’ex Presidente del Consiglio. Forse si spinse un po’ oltre i suoi confini, volendo cancellare il nome FIAT da alcune Ferrari. L’imprenditore milanese aveva accolto con qualche riserva l’idea del brand FIAT di vendere Alfa Romeo, Lancia e altre vetture con un accordo con aziende straniere allo scopo di creare un polo del lusso.
A quel punto, secondo Berlusconi, gli Agnelli avrebbero dovuto sfruttare l’estro dei designer del centro Stile Ferrari di Modena per rilanciare il marchio torinese, vendendo 50/100mila auto FIAT in Paesi emergenti che volevano le vetture torinesi e desideravano aprire nuovi stabilimenti. Una provocazione, forse, ma in un colpo solo avrebbe potuto segnare la fine della Ferrari.
“Svendere” un brand glorioso avrebbe anche potuto fare, all’inizio, la fortuna della casa piemontese, ma alla lunga il fascino del Cavallino ne avrebbe risentito in modo pesante. Nel complesso la vita e la morte di Berlusconi sono stati due eventi segnanti per il nostro Paese. Per fortuna, però, Berlusconi non si è occupato di automobili. La FIAT si è ripresa con ben altri metodi, grazie all’apporto di Marchionne, mentre la Ferrari è tra i brand più forti al mondo sul piano degli introiti e dell’immagine.
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