La bellezza delle auto non poteva che unirsi alla poesia italiana. Ecco la storia dietro al termine femminile dell’automobile.
Un oggetto di culto come l’automobile ha fatto molto discutere, sin dal principio, a tutte le latitudini. Si è dibattuto se l’automobile fosse non o meno donna. In tal senso un noto scrittore italiano ha avuto un peso determinante nell’assegnazione del femminile. Le auto per una vita sono state guidate principalmente dagli uomini e questo aspetto non va sottovalutato.
Guardando alcuni modelli vi renderete conto come l’elemento femminile incarna le caratteristiche più nobili delle automobili, come i seducenti gruppi ottici o la sensualità di un abitacolo in pelle. Prendete la carrozzeria un Alfa Romeo Giulia o di un’iconica Porsche 911, le forme sinuose e morbide riportano subito a quelle di un corpo femminile provocante e curvoso.
Il vestito, il profumo, il suono sono tutti elementi delle auto che mandano un uomo fuori di testa e che hanno ridefinito il sentimento stesso nei confronti dei veicoli a quattro ruote. Nella vita più o meno tutti hanno avuto esperienze negative al volante, multe salate da pagare o incidenti di varia natura, ma la passione tornerà sempre a rimbombare nel cuore degli amanti.
Il carattere sensuale di alcuni veicoli ci fa battere il cuore proprio come il gentil sesso. L’amore viscerale per le quattro ruote ha rappresentato un problema di natura grammaticale, dato che in passato la questione è stata trattata in diversi Paesi in diverso modo.
El automóvil o el coche in spagnolo è maschile, ad esempio. Inizialmente il termine era stato usato come aggettivo in francese e faceva riferimento a vettura automobile, ossia veicolo chi aveva la capacità di spostarsi autonomamente. Solo in seguito divenne un sostantivo e, come al solito, la lingua italiana ha avuto un ruolo di primo piano, andando a sciogliere un quesito che molti si erano posti.
Auto, l’intervento di D’Annunzio
Con il passaggio dall’aggettivo al sostantivo ci si domandava se occorresse usare il femminile o il maschile ovvero le automobili oppure gli automobili. Già dal suono vi renderete conto che si tratta di qualcosa che stona con la sinuosità leggiadra del termine femminile. In un’epoca in cui la virilità aveva un ruolo piuttosto centrale nella società ci si domandava come un mostro di potenza dagli occhi penetranti potesse ritrovarsi racchiuso nel delicato sostantivo femminile.
Il poeta Gabriele D’Annunzio in persona, data la sua esperienza di velocità nell’aviazione, intervenne sull’argomento. D’Annunzio adorava le auto quanto le donne. Il suo fascino di poeta maledetto attirava giovani fanciulle tra le sue braccia. Nel 1926 D’Annunzio, dopo aver ricevuto da Giovanni Agnelli una Fiat 509 Cabriolet, rispose con una lettera di ringraziamento che è entrata di diritto nella storia dell’industria delle quattro ruote. Ve la riproponiamo integralmente perché merita di essere incastonata nella vostra memoria di appassionati autentici di auto.
“Mio caro Senatore, in questo momento ritorno dal mio campo di Desenzano, con la Sua macchina che mi sembra risolvere la questione del sesso già dibattuta. L’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta levità nel superare ogni scabrezza. Inclinata progreditur. Le sono riconoscentissimo di questo dono elegante e preciso. Ogni particolare è curato col più sicuro gusto, secondo la tradizione del vero artiere italiano“, scrisse D’Annunzio a Giovanni Agnelli.