Mario Andretti in procinto di arrivare in F1 con un suo team ha parlato ai microfoni di Tuttomotoriweb durante la trasmissione andata in onda su TvPlay.
Mario Andretti è un’autentica leggenda dell’automobilismo mondiale. Nessuno come lui è riuscito a trionfare in egual modo tanto in Europa quanto in America. Il pilota ha conquistato il campionato di F1 con la Lotus nel 1978. A questo ha poi unito una serie infinita di vittorie in ogni categoria dell’automobilismo e ad ogni latitudine.
Ritiratosi dalla carriera agonistica ha formato con la sua famiglia una vera e proprio dinastia vincente nell’automobilismo e con il suo team ha raccolto numerosi successi diventando anche uno dei manager più preparati del settore. È notizia recente che a partire dal 2025 Mario Andretti tornerà in F1 con un suo team spalleggiato da un marchio storico e importantissimo come Cadillac.
Durante l’ultima puntata di Ultimo Giro andata in onda come sempre sul canale Twitch e YouTube di TvPlay, Mario Andretti ha parlato in esclusiva alla redazione di TuttoMotoriWeb dei suoi piani per il futuro. L’occasione però è stata colta al volo anche per un tuffo nel passato dell’ormai ex pilota che ha raccontato così uno spaccato di automobilismo da molti dimenticato.
Come vedi l’Italia e la Ferrari dall’America?
Diciamo che abbiamo visto quello che hanno fatto a Monza e dopo anche la gara seguente a Singapore, è stato bello. Purtroppo però non hanno tenuto quel livello come abbiamo visto questa settimana. Però pare che siano migliorati, c’è sempre speranza. Ascoltando ciò che dice Charles Leclerc c’è qualcosa di positivo, ha lodato anche l’arrivo del signor Vasseur. A meno che non sei lì all’interno è impossibile capire cosa c’è davanti a loro. Per la Ferrari la cosa importante è la F1, loro lavorano giorno e notte per quello. Per i tifosi come noi c’è sempre da sperare che possano fare meglio. Si ritroveranno sicuramente.
Quanto vale questo Mondiale di Verstappen? Lo possiamo già considerare come uno dei più grandi di questo sport?
Per quanto mi riguarda assolutamente. Questo l’abbiamo visto sin dall’inizio della sua carriera. Lui è sempre stato sin dall’inizio protagonista e abbiamo visto cosa ha fatto in questi ultimi 3 anni. Lui è uno da invidiare, è bravissimo, non è spavaldo, è una persona per quanto mi riguarda molto corretta. Merita, merita tanto.
La F1 è davvero diventata uno sport centrale in America come si racconta qui in Europa?
Quello assolutamente, qui in America c’è un tifo che non ho mai visto ed è bellissimo vedere questo. Quest’anno avremo qui 3 Gran Premi. Il tifo è incredibile ed è sicuramente bello vedere questo. Qui in America abbiamo la IndyCar, la NASCAR ed ora c’è posto anche per la F1. Per tifosi come noi questa è una cosa bella da vedere.
Sull’ingresso dell’Andretti in F1 ci sono stati alcuni commenti negativi come quello di Vasseur. Qual è il valore aggiunto che volete portare a questa F1?
Adesso siamo disposti ad essere lì nei prossimi anni. Portiamo con noi il marchio più grande che c’è in America come la Cadillac. Già il fatto di portare un nome così in F1 direi che è una cosa positiva. Noi viviamo solo per le corse, cerchiamo di arrivare lì in F1 come una new entry e vedremo come andrà.
Si è parlato di power unit Renault. Ci puoi confermare che userete i loro motori? General Motors entrerà in gioco con i loro motori a partire dal 2026?
Lo posso dire senz’altro che a partire dal 2026, con le nuove regole loro (GM ndr.) avranno il loro motore. Sicuramente questo è il piano.
Ci racconti quel meraviglioso 1978 in cui vincesti il Mondiale F1?
Quel ricordo è ancora vivo in me, è una cosa che sognavo già da bambino. Ho visto il mio primo Gran Premio quando avevo 14 anni a Monza e lì tifavo per Alberto Ascari e la Ferrari. Il sogno è cominciato lì. Andando avanti questo era un sogno impossibile. Ho vinto la 1000 Km di Monza, il Gran Premio di Monza e il titolo è stato confermato proprio lì a Monza. Una cosa che sarebbe stata impossibile solo da immaginare è successa. Tutto è andato come doveva andare. Questi ricordi sono ancora vivi in me, quello è stato un premio che mi sono goduto e che mi godo ogni giorno.
Cosa ti aspetti in termini di risultati dal tuo ingresso in F1 sin da subito?
Si lavora in modo massimo. L’idea è quella di cominciare nel 2025 per poi essere pronti per le nuove regole che entreranno nel 2026. Questo è il piano e ci stiamo lavorando già da 2 anni su questo.
Quanto incide l’elettronica sullo sviluppo delle auto?
Andiamo sempre avanti e c’è sempre qualcosa di nuovo. Questo è il progresso, c’è un’evoluzione che percepiamo anche nella nostra vita. Accade anche nel mondo delle corse e devi aderire a certe regole. L’elettronica comanda.
Qualora fossero sul mercato offriresti a Verstappen o Hamilton un contratto?
Non so come rispondere a questa domanda.
Ci racconti la famosa gara del Fuji del 1976 che ti vide vincitore e che assegnò il titolo ad Hunt a discapito di Lauda?
Io facevo le cose mie. Lauda e Hunt avevano la loro battaglia. Ero in pole position sull’asciutto e ho vinto sul bagnato. Questa è stata una grande soddisfazione per noi essendo quella l’ultima gara della stagione. Eravamo molto carichi per l’anno successivo. Per quanto riguarda ciò che è accaduto tra Lauda ed Hunt, Niki poveretto era tornato da poco in pista dopo il terribile incidente. Io ho parlato diverse volte con lui, aveva gli occhi che lacrimavano e non poteva vedere niente con quelle condizioni. Era quasi impossibile, si pattinava ovunque. Il controllo della vettura era difficile da tenere persino sul rettilineo.
James Hunt era davvero un personaggio fuori dal tempo?
In un certo senso si, per me era simpatico. Era un po’ spavaldo, però come pilota era bravo, bravissimo. Dall’altra parte della sua vita la cosa è un po’ diversa, però anche come amico, per quanto mi riguarda, era davvero molto simpatico.
Avete già individuato la coppia di piloti per il vostro ingresso in F1? Può arrivare qualcuno dalla IndyCar?
Quello è tutto da vedere. L’idea che ha mio figlio è quella di portare almeno un pilota americano nella squadra, quello senz’altro. Vogliamo avere una squadra anche in Formula 2 per poter dare altre opportunità
Fare una sorta di Academy?
Si, una cosa così. L’idea è quella di portare dei talenti che al momento non hanno l’opportunità.
Cosa ne pensi della questione sicurezza in F1 visto quello che è successo anche durante il Gran Premio del Qatar?
Questa è una cosa bella cosa per il nostro sport. Il fatto che sia aumentata la sicurezza nelle macchine per i piloti è positivo. Le condizioni sono queste, non era una sorpresa quello che è successo in Qatar. Tutto sta nei piloti nel prepararsi al peggio per così dire. In alcune gare anche per noi è stato così, ma tutto dipende da come ti prepari. Anche quelli che sono arrivati sul podio hanno sofferto le stesse situazioni. In ogni caso hanno resistito. Tutto sta nell’individuo, nel prepararsi nel modo corretto per poter reagire a queste condizioni.
Cosa vi porterete in F1 dall’esperienza maturata nelle gare americane?
Sembrano mondi diversi, ma tutto dipende dalle persone. L’esperienza è l’esperienza, la puoi adottare dove vai. Tutto sta nel fatto di essere mentalmente aperti a poter reagire a qualunque situazione che stai affrontando.
Ti piacerebbe avere Leclerc nel team?
Mi piace Leclerc, assolutamente, avrebbe un valore in qualunque squadra. Tutti e due i piloti Ferrari per quanto mi riguarda sono capaci di vincere gare e di vincere un campionato.
Che differenza c’è tra i piloti di oggi e quelli della tua epoca? È vero che quando correvi tu c’era la vera F1?
I campioni di ieri sarebbero i campioni di oggi e viceversa. Almeno per quanto mi riguarda.
Tuo figlio Michael ha vinto il campionato in Formula E quest’anno. Cosa ne pensi di questa categoria?
Per me è un orgoglio vedere Michael con la sua squadra vincere visto che è lì sin dal principio. Io la seguo avendo un certo interesse visto che c’è mio figlio, ma non è una cosa che mi piace molto. Io voglio il rumore nelle macchine da corsa, lasciamola lì.
Qual è stato il pilota più forte contro cui hai corso?
Sono troppi, è difficile nominarne soltanto uno. Tutto dipende dalla stagione e cose così. Sono molti i campioni. La mia prima gara in F1 ho fatto il tempo migliore e accanto a me avevo in prima fila il campione del mondo dell’epoca Jackie Stewart. Momenti così sono importantissimi per darti quel senso di fiducia che ti fa pensare: “Ok allora io merito di essere qui”. Ho avuto la fortuna di avere una carriera lunga. Ho avuto l’opportunità di correre accanto a campionissimi. Sono più di uno, non posso fare un solo nome.
Tu hai lavorato sia in team inglesi che in Ferrari che è italiano. Qual è la differenza come metodo di lavoro?
Per quanto riguarda le gare la cultura si incontra. Non importa se sei italiano, olandese, francese, americano o altro. Per poter ottenere determinati risultati le culture si devono incontrare sulla stessa strada. La F1 è la vera Olimpiade dell’automobilismo perché tutte le culture si incontrano e secondo me questo è il bello della F1.
Come hai vissuto la vittoria della Ferrari alla 24h di Le Mans?
Quel risultato è stato fenomenale visto che erano assenti da tanti anni. Io non ho dormito neanche un minuto per 24 ore per vedere la Ferrari vincere.
Che consiglio daresti ad un giovane che vuole approcciarsi al motorsport?
Per quanto impossibile questo sogno fosse io non ho mai abbandonato l’idea. Ho sempre detto che non avevo un Piano B, quello era il Piano A ed era unico. Bisogna andare avanti e contro qualunque muro sfondarlo. Tutto sta nell’avere la passione che ti brucia. Questo è sempre stato il nostro modo di fare sia per me che per mio fratello Aldo. Il primo anno non potevo manco dirlo a mio papà.
Lui aveva sempre paura perché tutte le notizie erano sempre brutte. Il mio idolo Ascari è morto qualche mese prima che arrivassimo qui in America. Lui come padre aveva paura. Io e mio fratello Aldo abbiamo corso tutta la prima stagione senza dire niente e l’unica difesa che avevamo era proprio la lingua, eravamo qui solo da 4 anni e mio padre non aveva ancora imparato l’inglese benissimo. Noi vincevamo anche queste gare. Nei giornali si parlava di noi, ma lui non capiva la lingua. Siamo andati avanti a tutti i costi.
Chi è il tuo mito?
Alberto Ascari senza dubbio. Era il campione del mondo con la Ferrari.
Ci lasci un tuo ricordo su Gilles Villeneuve?
Lui era bravissimo e dava sempre il 110% quando era alla guida. Lui ha pagato con la sua vita non mollando mai. Per questo motivo al commendatore (Enzo Ferrari ndr.) piaceva tremendamente. Al commendatore sono sempre piaciuti i piloti che danno il 110%. Gilles era uno di quelli.
Quanto avresti voluto vincere nuovamente la 500 Miglia di Indianapolis visto che l’hai vinta una sola volta?
Se vedi la mia carriera sono stato molte volte in testa a questa gara, ma spesso ho dovuto dare forfait per problemi tecnici. All’epoca era difficile arrivare in fondo, anche in F1. Ad esempio nel 1977 tante gare ho perso per rotture al motore mentre ero in testa. Oggi, invece, le Formule sono bellissime perché non tiri il 100% fuori dal motore viste le regole. Ora hai nel 98% dei casi l’opportunità di arrivare in fondo. Con il mio modo di spingere era difficile arrivare a fine gara. Sono nato prima, con il mio stile oggi mi sarebbe andata molto meglio.
Tu che le hai vissute, cosa rende queste gare come la 500 Miglia così iconiche?
Queste sono gare tradizionali. Indianapolis esiste da oltre 100 anni, stessa cosa Le Mans. Quando pensi ad una determinata categoria pensi subito ad un circuito. In F1 parli di Monaco o Monza e dici tutto. A me dà un po’ di noia a volte perché mi dicono che ho vinto una volta Indianapolis, ma io ho vinto anche 4 campionati lì.
L’automobilismo è la nostra vita e sarà così in tutta la nostra famiglia.
Quali sono le gare che ti hanno dato più gusto in carriera?
Io direi le gare sulle piste di terra dove ho corso con 3 categorie. C’è una grande soddisfazione a passare da quel tipo di gara alla F1 anche nel giro di una settimana. Ho vinto il campionato nazionale qui nel 1974 e facevo anche alcune gare di F1. La differenza di guida era come giorno e notte. Parliamo di Dirt Track.
Ti manca la vita da pilota?
No, sono soddisfatto delle opportunità che mi ha dato la mia carriera. Ho cercato di avere esperienza nelle altre categorie non solo per provarle, ma anche per vincere lì. Ovunque ho corso ho vinto almeno una gara e quella è la mia soddisfazione più grande.