Erano tempi diversi, ma il fiuto degli Agnelli negli affari a quattro ruote è sempre risultato vincente. Ecco come andò l’operazione Alfa Romeo.
Si può parlare di una Italia prima dell’Euro e dopo l’adozione della moneta unica europea. Nel 1991 il livello dei salari medi percepiti dai lavoratori Italiani era inferiore solo a quello di giapponesi, americani e tedeschi. Gli Italiani erano in un mondo fatato, spinto dalla mobilità FIAT. Oltretutto gli italiani si rivelarono tra i più grandi risparmiatori del mondo.
L’Italia era un Paese in cui giravano dei soldi impressionanti. Si affermò nel panorama mondiale soprattutto per l’alto livello di benessere delle famiglie rispetto anche agli altri paesi industrializzati. Il settore delle due e quattro ruote viaggiava a gonfie vele. Nel programma d’investimenti della FIAT finì nel mirino anche l’Alfa Romeo. C’era l’ombra degli americani, sempre presente, come era avvenuto ai tempi dell’accordo tra Enzo Ferrari e Gianni Agnelli.
La First Boston, la banca d’affari incaricata di valutare le offerte Ford e FIAT, doveva fare una valutazione attenta sul prezzo d’acquisto. Alla conferenza stampa di Romiti la Finmeccanica fu chiarito che non era possibile fare un confronto, ma era palese che la FIAT avesse un asso nella manica. La famiglia Agnelli voleva espandere il proprio impero con il brand del Biscione e con la Lancia, altro marchio piemontese che aveva fatto la storia nei decenni precedenti.
La Casa torinese aveva fatto una stima 1500 miliardi per il brand di Arese, ma aveva detto anche di aspettarsi uno sconto. La Ford dovette ingoiare un boccone amaro e la FIAT riuscì a spuntarla. L’offerta presentata venne giudicata la migliore. L’IRI annunciò che, dopo un attento esame da parte della First Boston e di esperti della Arthur D. Little, l’offerta della FIAT era stata valutata economicamente più vantaggiosa. Ecco dove rientrano oggi i due marchi italiani.
L’Alfa Romeo venne pagata 1050 miliardi di lire, cioè il 30% meno di quello che era il valore contabile secondo le stime della stessa FIAT. La FIAT avrebbe assunto il controllo al 100% del marchio del Biscione il 1° gennaio 1987, ma non avrebbe versato neanche una minima parte del prezzo d’acquisto fino al 2 gennaio 1993. Solo a partire dal 1993 avrebbe cominciato a cacciare il malloppo, e anche allora in ratei distribuiti su un periodo di cinque anni.
La Fiat ebbe la meglio, accollandosi 700 miliardi di debiti dell’Alfa e impegnandosi a pagare altri mille miliardi in cinque rate a decorrere dal 1993 con uno sconto calcolato in circa 400 miliardi. I dettagli li conosceva solo il rampollo della famiglia Agnelli ma fu un affare clamoroso.
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